La veglia

 

Distesa sul bianco lenzuolo ti aggrappi alle parole,
s’impennano vuote e tuonanti nella stanza nascosta dal sole.

I tuoi occhi incavati e canuti assorbono i suoni,
tentando in un vano spiraglio di note
di carpirne gli instabili toni.

Hai bisogno di voci nel tuo angolo oscuro,
di profonde carezze nel tuo dedalo buio,

di parole, di voci , di volti e di suoni
per colmare le vuote giornate
di quest’ ultimi inutili doni.

Sei malata, sei sola e rinnovi con gli occhi la resa
e di notte t’appendi alla luna restando in attesa.

E’ già giorno e non entra nessuno vestito di pianto
mentre soffia il silenzio
assopito sul tuo respiro affranto;

poi nuda la testa abbandoni nolente al torpore.
Meno male che tutto è in prestito, persino il dolore.