Le due comari

Era l’ora di mezzogiorno a notte: le "vent’ore" (1), così li chiamavano tutti i "cristiani" (2) quando sentivano a quell’ora rintoccare le campane dell’unica chiesa di Montedoro.

Come soleva fare a quell’ora, comare Tana la "Tappa" (3), si affacciava alla porta con un vecchio secchio in mano pieno di caniglia impastata con l’acqua e dava da mangiare alle sue galline e, tra un: "puru puru...,...ci ci ci... - e un - ...‘zzù burdillara ca mi pizzuliji" (4), chiamava le comari del vicinato poichè era l’ora di dire il Rosario.

Le chiamava ad una ad una: "comare Rosa, comare Concetta, comare Onofria, comare Tota… venite che è l’ora di dire il Rosario…" e gridando con una voce da soprano: "… venite, sbrigatevi che sto accendendo le candele, che oggi alla "Beddra Matri" (5), il Rosario glielo dobbiamo dire cantato!"

Tutto il vicinato a quel richiamo, lasciando da parte il loro da fare, correvano e s’affrettavano ad entrare ad una ad una nella casa di comare Tana per prendere posto su quelle sedie sgangherate appoggiate al muro di fronte "l’antaru" (6).

La casa di comare Tana era una tipica dimora della povera gente dell’epoca, era per lo più composta da una sola stanza dove era distinta un’alcova nella quale c’era il letto che durante il giorno veniva celato da una tendina; nel mezzo c’era un tavolino e poche sedie; in un angolo era posto "lu cufilaru" (7) dove sovrastavano delle vecchie pentole di rame e le teste d’aglio intrecciate appese ad un chiodo.

L’altarino della "Beddra Matri" era poggiato presso un muro e le comari vi si apprestavano a sedersi attorno ad esso. Per ultima entrò comare Tota con il "polmone in bocca" (8) e si situò nell’angolo più ombroso con la testa china

"Mah!?" pensarono, dandosi delle occhiate le altre comari meravigliate. Non era il solito comportamento di Tota, questo!

Tota Pipitone, intesa la "fumera" (9), era una donna sulla trentina, con una faccia piatta e tosta, tipica faccia "senza rossore" (10), attacca brighe e "vanniatura" (11) come lei non c’era nessuno: almeno una lite al giorno doveva fare per stare quieta; perciò, era comprensibile la meraviglia delle altre comari abituate a vederla sempre "dare il mazzo" (12).

Si accesero le candele e si cominciò a sfilare la cruna; comare Tana faceva da "capa voce" (13): "Nu primu misteru dulurusu si cuntempla…" (14), seguiva il "Pater" e l’"Ave" intonato dalle altre comari; ogni tanto si sentivano, provenire dal cantuccio ombroso, dei sospiri angosciati che distraevano non poco le oranti. Intanto si era giunti oramai alle litanie: "Maria Vergine…Ora pro nobis… Maria Santissima del Rosario…Ora pro nobis…".

Quando quei sospiri erano diventati dei lamenti: "Ah! Che disgrazia… Ah! Che tormento! Me misera!", "Che avete comare Tota?" le domando comare Concetta, che le era seduta accanto; "Niente, niente mi fa male un callacicio!" rispose Tota, cuntinuando a lamentarsi e a dondolare la testa; sospirando poi si alzò e si pose dinanzi al quadro della Madonna e la imprecò con esile voce: "Oh! "Beddra Matri" mia, a Voi sola mi raccomando, Voi sola sapete i guai miei! E sono qui davanti a Voi per chiedervi una grazia, che se me la concedete vi prometto tre "tummina" (15) di frumento per la vostra festa!". La udì comare Concetta, più per curiosità che per consolazione, le si avvicinò con la sedia e simulando discretezza, le chiese: "comare mia, ma che cosa avete? Avete la faccia pallida e gli occhi pieni di amarezza! Sfogatevi con me! Buttate fuori questo veleno dalle budella, prima che vi rode la persona". Comare Tota a quelle parole si commosse, sentì il bisogno di condividere con qualcuno la sua tragedia e si sfogò: "Il mio tormento, cara Concetta, è qui nella mia pancia... -toccandosi furiosamente più volte il ventre - ...si, sono malata di "picciliddri" (16) e voi sapete che sono tanti mesi oramai che mio marito è alla guerra in Spagna e..." e scoppiò in un silenzioso pianto disperato, non potendo più finire il discorso. Comare Concetta scandalizzata con gli occhi sgranati le disse, facendosi la Croce con la mano sinistra: "Ma come avete potuto fare una cosa simile? Lo sapete che è peccato mortale "aspittari picciliddri" (17) senza maritu"!!! Oh, che scandalo! Come farete ad affrontare la gente quando vi crescerà la pancia? Ci avete pensato? Oh, che vergogna!!". Comare Tota non sapeva proprio come difendersi disperata com’era, anzi era più confusa di prima, tanto che quasi voleva farla finita anzichè affrontare il giudizio della gente; ma Concetta per dissuaderla da questa estrema soluzione cercò di farle capire che a tutto c’è un rimedio tranne che alla morte e lei prontamente tale rimedio ce l’aveva; infatti gli disse: "Sentite, comare Tota, oramai quel che è fatto è fatto e non si può più tornare indietro; non ci resta che pregare la "Beddra Matri" per concederti la grazia affinché il nascituro possa rassomigliare il più possibile a tuo marito Raimondo; per questo mi impegno, tutti i santi giorni, a pregare di più durante il Rosario con tutto il cuore e i tre "tummina" di frumento, a grazia avvenuta, li date a me che ne ho tanto bisogno; vedrete che la Santa Vergine vi premierà di più per quest’atto di immensa carità che poi farete a me!". Tota, a quella promessa, gli si illuminò il viso ed in silenzio con un bacio suggellarono il patto.

Comare Tana vedendo da lontano tutte quelle manovre e non capendo cosa stava succedendo apostrofò le due che stavano disturbando il proseguire della Santa preghiera: "Che cosa state facendo qui davanti alla "Beddra Matri"!? Non vi vergognate! Almeno aspettate di finire il Rosario e poi continuate le vostre inutili ciance" e tutti insieme intonarono la canzone della Madonna: "La Matri Santa, l’Arcancilu lu ‘ntisi e di ‘ncelu ci misi lu nomu Gesù" (18).

Le due comari, Tota e Concetta, ogni giorno alla stessa ora, seduti vicini vicini davanti all’altare della Madonna, in casa di comare Tana, ripetevano insieme alle altre le litanie del Rosario e tra un’Ave Maria ed un Padre Nostro, Concetta sussurrava all’orecchio della Tota le sue preghiere: "Santa Maria…, fai che gli occhi del bambino siano quelli di Raimondo...; Gloria al Padre..., fai che le orecchie, i capelli, le braccia, le mani, l’aspetto e tutto il corpo possa assomigliare a compare Raimondo…".

Così pregava la Madonna in continuazione; poverina comare Concetta, veramente con tutto il cuore, appassionatamente affinché questo bambino che doveva nascere potesse somigliare tutto a Raimondo, anche nei minimi particolari. Intanto passavano i giorni e i mesi; comare Tota si preparava in vista dell’imminente parto sempre con accanto la presenza di comare Concetta. Costei aveva il compito di ricevere le persone che venivano a vedere il nascituro e prontamente doveva far notare, ad amici e parenti, la straordinaria assomiglianza del bambino con suo padre.

Finalmente arrivò il santo giorno che comare Tota partorì: era una femminuccia. "Maria quanto é bella! Maria quanto é grande!…" esclamava la "mammana" (19) mentre la lavava dentro una bacinella di alluminio smaltato.

"…comare Tota, anche se hai partorito con due mesi di ritardo, a me sembra perfetta: una bambina di nove mesi, ben compiuti! Sapete comare Tota, questa bambina l’avete partorita come le giumente che portano il puledro dentro alla pancia per 10-11 mesi! Mah!! Che scherzi a volte fa la natura! Non ne avevo mai visti fin’ora! Quante cose strane succedono nel mondo!?" e finendo di lavarsi le mani sbattendo la porta se ne andò ridendo.

"Chi faccia da mula indomata, comare Concè" disse ancora dolente Tota sdraiata sul letto "Lasciate perdere, sapete che cosa ci aspetta adesso?…" dissi Concetta "…La parte più difficile. Ora dobbiamo convincere tutto il paese e soprattutto i parenti che quest’innocente e di vostro marito; anzi più la guardo e più mi ricorda qualcuno, questa voglia rossa che tiene in fronte, mah!? Dove l’Ho già vista?!".

"Da nessuna parte, da nessuna parte l’avete vista, perchè questa voglia ce l’ha Raimondo sulla natica! Avete capito comare Concè!? Ora vi è venuto l’udito?!" disse Tota "Già, già…" acconsentì Concetta "... ma mi raccomando, io il mio dovere l’ho fatto e lo sto facendo: ho pregato notte e giorno la "Beddra Matri" e sembra che un pò la grazia ce l’abbia fatta, perchè questa bambina veramente assomiglia a Raimondo, in cosa ancora non lo so, ma le sembianze sono le sue e questo non ve lo dovete dimenticare che è stato merito anche delle mie preghiere, come voi, per certo, mi dovete dare i tre "tummina" di frumento!" "State tranquilla che questo è pensiero mio, voi fate il vostro dovere fino in fondo poichè sento che sta cominciando ad arrivare gente" l’ammutolì Tota. Neppure finirono di parlare che sentirono bussare alla porta; erano le comari Tana e Rosa che avendo saputo della lieta notizia si affrettavano a fargli visita. Oh quanto gli parve bella quella bambina con quella pelle chiarissima e quell’aspetto sodo e tosto ma un pò magrolina e gracile per essere di dieci mesi e più. "Mah, la natura! C’è chi nasce di sette mesi, chi di nove e chi quasi di undici. Solo "lu Signuruzzu" (20) sa tutto" intervenne prontamente e con giudizio, Concetta. "E Raimondo, a proposito, lo sa?…" chiese Tana. "Che vorreste dire?" rispose stizzata Tota; "…No voglio dire, se l’avete già avvisato di questa nascita" cerco di calmarla Tana. "E comu avrebbe potuto fare, poverina…" intervenne prontamente Concetta "…è da quando se n’è andato, più di dieci mesi fa, che non ha più notizie di lui, ne di vivo ne di morto". "Però undici mesi fa vivo era. E’ come!!" Rispose Tota, mettendo una toppa e scoppiando a piangere per sviare il discorso; "Coraggio, pensate a cose liete, che con Raimondo dovete fare feste e festini quando viene…" la consolava Concetta "…E poi guardatela, guardatela, se non è perfetta Raimondo?! La bocca, le manine grassottelle, il naso, una stampa e una figura." "Vero è! Ma questa voglia nella fronti da chi la presa?" chiese con malizia Rosa; "ce l’ha compare Raimondo sulla natica!…" disse comare Concetta. "Così in confidenza siete con Raimondo? Come gliela avete vista?" chiese scandalizzata Tana, "…Oh, Gran brutta maliziosa! L’ho sentito dire a comare Tota!" rispose risentita ma ridendo Concetta. E risero tutti. "Però comare Tota…" disse ridendo maliziosamente sotto i baffi comare Rosa "…di una cosa sola non ha preso da vostro marito"; lesta intervenne Concetta prendendo la bambina e mettendola tra le braccia di Rosa le disse: "comare Rò guardatela da vicino sta creatura! Osservatele la boccuccia, gli occhietti, le orecchie, il visino rotondetto e perfino l’attaccatura della fronte con i capelli…" "Vero è! ma si, ma si però non ci piglià dal pirripipì" terminò ridendo fragorosamente Rosa; e tutte le comari scoppiarono a ridere insieme ad essa.

Concetta sostenne la sua parte finchè tutti gli amici e parenti non vennero a fare visita alla partoriente. E per un pò tutto filò liscio come l’olio. Nessuno ebbe il dubbio che Serafina non fosse figlia di Raimondo; anche grazie a Concetta che era ritenuta una buona e coscenziosa cristiana.

Purtroppo è un’amara realtà anche dei nostri giorni: non è forse vero che basta parlare male di una persona che spesso quella persona viene vista negativamente? O basta parlarne bene che la stessa persona buona è creduta? E non è forse ritenuto migliore ciò che è pubblicizzato in quanto più è ritenuto fidato, capace, dotto, politico, parente, colui che pubblicizza? Riflettete cari lettori, riflettete sempre quando uno di costoro vi vuole far credere che anche gli asini volano.

Concetta in questo modo aveva realizzato il suo intento perciò voleva riscuotere ciò che le spettava per diritto. Ma comare Tota si faceva sorda e rimandava sempre. Perlomeno ci era andata tre volte, coma re Concetta, prima di citarla in giudizio. L’ultima volta, addirittura, Tota gli rispose: "Ancora con questa storia? Vi ho detto che quando l’avrò, le tre "tummina" di frumento, ve li darò! E ora basta, fuori di casa mia e non fatevi vedere più se no vi scaccio a sputi in faccia!". A quelle parole Concetta si infuriò e cominciò a svuotarsi lo stomaco: "Ah! Brutta donnaccia, scostumata, dannata e senza un briciolo di ritegno! Se aveste avuto un pò di pudore non avreste fatto ciò che avete fatto! Dopo tutto quello che ho fatto e sopportato per voi! E ora volete negarmi ciò che mi spetta?" "Nossignora…" rispose insorgendo Tota: "…ciò che vi spetta ve lo do ora stesso: tenete quà.... diritto sulle corna!..." e prendendo un bastone lungo quanto un giorno, glielo sbattè in testa e sulle spalle, "Vi sono bastate o ne volete un’altra "tumminata"?". Così dicendo le sbattè la porta sul muso e non si fece più molestare. Da quell’episodio, comare Concetta, capì che la comare non aveva mai visto una spiga di grano in vita sua; ma la sua collera e il suo dolore era tanto che decise di citarla in giudizio presso il podestà Don Mimì Scazzetta. Il podestà era un uomo comprensivo e quando si trovò davanti comare Concetta tutta ossa, tutta nera per le botte, con gli occhi luccicanti, pieni di sgomento e stralunati per il torto subito... "Come vi chiamate?…" gli chiese il Potestà, "Concetta Ferro detta "chianci minestra" (21)…" gli rispose; "…Sieti signora o signorina?" continuò Don Mimì. "…ne signora ne signorina ma contadina sono!". Poverina faceva proprio pena. E che storie, chi lo poteva immaginare che questi poveri Cristi, ignoranti, morti di fame,... senza niente potessero ridursi così!

Uomo veramente saggio e probo era Don Mimì Scazzetta; pieno d’umana carità. Si prese a cuore il caso di Concetta, tanto che gliele promise lui stesso i tre "tummina" di frumento; anzi, no, tutto il frumento che serviva a lei e a quell’altra poveraccia di Tota. E così fu. Però, Concetta, dopo aversi riempito le bisacce di frumento alla presenza di lui, avviandosi verso la porta del magazzino, si fermò e pensandoci sopra si voltò e gli disse: "Ma? Don Mimì una curiosità mi dovete togliere: pure voi ci avete avuto la parte, nella figlia di comare Tota?…"

Povero Don Mimì, così capì che il vero bene se non è reso a male, non si chiama bene.

 

Appendice:

(1) vint’uri - (venti ore) corrispondono alle ore 15:00;

(2) Tappa (tappo) - termine per indicare la bassa statura di una persona;

(3) puru puru,ci ci ci - termini onomatopeici per richiamare le galline;

(4) ‘zzù burdillara ca mi pizzuliji - (stai ferma attacca brighe che mi becchi) espressione per rimproverare le galline;

(5) Beddra Matri - (Bella Madre) la Madonna;

(6) lu cufilaru - cucina a paglia;

(7) antaru - (altare) altarino della Novena;

(8) fumera - (sterco di buoi) indica una persona sporca nelle faccende di casa;

(9) capa vuci - (capo voce) indica la persona che conduce il Rosario

(10) Nu primu misteru dulurusu si cuntempla - (nel primo mistero doloroso si contempla) parte del Rosario;

(11) tummina - unità di misura locale corrisponde a circa 16 Kg di frumento;

(12) picciliddri - (bambini);

(13) aspittari picciliddri - (aspettare bambini) essere incinta;

(14) mammana - (levatrice);

(15) lu Signuruzzu - (il Signore) Gesù Bambino;

(16) pirripipì - espressione per indicare il sesso del nascituro;

(17) tumminata - aggettivo del termine "tummina";

(18) chianci minestra - (piange minestra) indica una persona che si lamenta sempre;