Amico mio
     (In ricordo dell’amico Peppi)



Ricordi, amico mio, i bei tempi andati,
quando studenti felici e spensierati
si andava per campagne e per trazzere
le grotte ad esplorar, giornate intere?

O le corse sfrenate verso levante
sfidando il lungo treno, nero e fumante,
quindi la corsa verso il "monte nero"
e l’asino che vola giù pel sentiero?

Ci ritrovammo con un gallo in mano
facendo un salvataggio alquanto strano:
la povera bambina era già morta

senza il coraggio ed il cambiar di rotta!

E le mille avventure alla Bellìa,
gli amici e le risate a Mascalucìa,
con padelle alle prese e con spaghetti,
e crusca, e non farina, per polpette!

Per non parlare poi della lambretta
che "satana" chiamavi, tant’era matta,
per burroni e per sentieri quasi volava
mentre nel piano appena appena andava.

Di consigli, per me, ne avesti tanti,
alle prese con le storie e coi racconti;
e amando molto le parole siciliane
trovavi intrecci e situazioni strane

che facevan divertire amici e quanti
per ore discutendo andavan avanti,
rimembrando tante storie del passato
che nel paese avevan segno lasciato.

Poi la vita divenuta maggiorenne
dispensa a piene mani pene e affanni,
e volendo equilibrar le gioie avute
compensa con dolore e pene acute.

Spesso la gente i sentimenti ignora,
condanna senza avere alcuna prova;
legge la Bibbia, gli occhi suoi bendati,
e addossa al padre i non propri peccati.

Nel tuo paese e nella casa avita
anche solingo, tu, restasti a vita,
mostrando una fierezza, quasi una gloria,
che onor ti fece e resterà in memoria.

E quando un grave male in corpo prendi
non resta che lottare, come ai bei tempi:
sicuro che il ricordo, e non l’oblio,
con te sarà per sempre, amico mio.