Federico imperatore

I principi ed i grandi vassalli erano i veri arbitri della politica tedesca, poiché, dopo la deposizione di Ottone IV, l’autorità imperiale versava in grave crisi. Questi infatti miravano ai loro interessi, e tendevano ad ottenere una forte autonomia rispetto al potere centrale; cominciarono col creare una amministrazione autonoma ed a procurarsi denaro con tributi. Il loro potere si estendeva nelle città, mentre i feudatari ecclesiastici, al pari dei principi, espletavano la loro giurisdizione nelle campagne. Parallelamente al potere dei principi e dei vescovi, era comparsa la borghesia, in seguito all’incremento dello sviluppo economico, al quale molto contribuirono le crociate ed i commerci con l’Italia. Principi, vescovi e borghesia vennero presto in contrasto, contendendosi il governo delle città, nel tentativo di emanciparsi dal potere feudale. Situazione politica ingarbugliata e complessa, quindi, quando Federico fu eletto imperatore; e la sua giovane età e la poca esperienza in fatto di gestione della politica e della cosa pubblica, infondevano non poche perplessità in Papa Innocenzo, che pure l’aveva sostenuto ed incoraggiato: e persino nei suoi stessi sostenitori. Lo chiamavano, infatti, "puer Apuliae", il ragazzo venuto dalla Puglia, in senso di scherno e di sfiducia, anche se la Puglia, fino a quel momento, Federico non l’aveva neppure vista, avendo vissuto soltanto in Sicilia. In queste circostanze, però, dette prova delle sue capacità organizzative. Capì che non era per nulla sostenibile un ritorno alla situazione dei tempi del nonno Barbarossa e del padre Enrico VI, di un forte potere centrale che avrebbe urtato i censi ed i privilegi dei principi. Cominciava perciò a maturare l’idea di un forte impero che dalla Germania si estendesse fino alla Sicilia, sostenuto dall’esercito tedesco e finanziato dalle ricchezze siciliane. La qual cosa avrebbe dato notevole fastidio al Papa Innocenzo III, che avrebbe visto in pericolo i suoi possedimenti dell’Italia centrale. E le assicurazioni che aveva date prima di partire per la Germania, incoronando re di Sicilia il piccolo figlio Enrico, e la firma apposta ai documenti con la Bolla d’oro di Eger, nel 1216?

  

La morte di Innocenzo III

Innocenzo III, asceso al trono di Pietro nel 1198, all’età di trentasette anni, fu uno dei più grandi Papi della storia della Chiesa. Fu il classico Papa-Imperatore, che sostenendo la "plenitudo potestatis", cioè la pienezza del potere, spirituale e temporale, era in grado di potere giudicare anche l’operato dell’Imperatore. Facile quindi immaginare l’inevitabile conflitto che sarebbe derivato da questa presa di posizione, dal momento che anche gli imperatori pretendevano la stessa prerogativa. Sotto il suo pontificato, nel 1215, si tenne il Concilio Lateranense; vi convennero tantissimi prelati e governanti da tutto il mondo, ed ebbe un grande successo, il che procurò a Innocenzo un enorme prestigio. Nel corso del Concilio venne confermata la transustanziazione del pane e del vino, (elevata poi a dogma dal Concilio di Trento nel 1551), e fu stabilito che il sacerdote dovesse officiare la messa con la schiena rivolta ai fedeli, per isolarsi, nel suo mistero, da una umanità corrotta e peccaminosa. Condannò gli eretici catari e albigesi, ed organizzò una milizia per la liberazione dei luoghi santi. Ma, ironia della storia, contribuì in modo determinante alle fortune di Federico II che, affidato dalla madre Costanza alla sua protezione, in seguito doveva diventare il più grande nemico del Papato, per via degli interessi convergenti: il potere! La morte lo colse il 24 luglio del 1216.