Morte di FEDERICO

Dopo questi tremendi avvenimenti che avrebbero fiaccato l’animo di chiunque, per Federico si aprì uno spiraglio di luce. Nell’estate del 1250, Luigi IX, re di Francia ed il re d’Inghilterra, si dichiararono disposti a fare da mediatori tra Federico ed il Pontefice, per addivenire ad una pace giusta, minacciando quest’ultimo d’abbandonare la sua causa se si fosse mostrato irremovibile. Infatti Federico, con indomito ardore, stava riorganizzando il suo esercito e si preparava a controbattere alle avversità che l’avevano colpito negli ultimi anni.

Ma mentre si trovava in Puglia, una fastidiosa dissenteria che lo tormentava da qualche tempo, degenerata in peritonite, lo condusse a morte, a Castel Fiorentino,vicino Lucera, il 13 dicembre 1250. Aveva cinquantasei anni.

La tradizione guelfa vuole che Federico, perché scomunicato, fosse morto nel peccato, impenitente. La tradizione ghibellina, invece, sostiene il contrario in quanto, da una lettera con la quale Manfredi comunicava al fratello Corrado la morte del padre, riferiva: "Sacrosantam romanam ecclesiam matrem suam in corde contrito, velut fidei orthodoxae zelator". Infatti Federico in punto di morte ricevette i sacramenti per mano del suo amico vescovo Berardo, sul quale però pendevano censure canoniche per via dei suoi rapporti amicali con l’Imperatore.

Innocenzo IV, "cristianamente", così annunciava al mondo la morte dell’Imperatore: "Si rallegrino i cieli, esulti la terra, ché il fulmine di cui Dio da gran tempo ci minacciava, si è convertito con la morte di un uomo in freschi zefiri e in limpide rugiade!".

Non da meno, il legato papale Pietro Capaccio, allora cardinale di S. Giorgio al Velabro, scriveva al Comune di Bologna ch'era morto il principe delle tenebre: "Fridericus depositus tenebrarum olim princeps..".