IL FUNERALE di MONSIEUR ALFANO

 

Correvo, quella mattina, diretto a Lione da Milano. Persino l'auto, come il sottoscritto, sembrava ansiosa d'arrivare al più presto possibile. Eppure, non ad una festa ero diretto insieme a mia moglie, ma ad un funerale, e ci attendeva quindi una triste giornata. Una telefonata, nella notte, ci aveva informato che lo zio, monsieur Gaetano Alfano, ci aveva lasciato per sempre. In genere cogli zii, oltre al rapporto di parentela, non si hanno particolari motivi d'amicizia. Ma zio gaetano più che un parente era un amico particolare, una persona gradevole e di spirito col quale era possibile scherzare, ridere, e trattare gli argomenti più disparati. Era il più giovane d'una serie di fratelli e sorelle, e perciò molto vicino come mentalità a noi nipoti, ancora ragazzi, al quale davamo del "tu", in un periodo, gli anni cinquanta, in cui era obbligatorio, nei paesi del sud, dare del "vossìa" ai genitori, ai nonni ed agli zii, per un senso di sacrale rispetto e riverenza.

Per sfuggire alla campagna, e quindi alla fame che imperava furiosamente, ancora giovanissimo, da Montedoro era emigrato in Francia, nei pressi di Lione, scavalcando le montagne a piedi e nottetempo, da clandestino, insieme ad altri amici, anch'essi alla disperata ricerca d'un lavoro che potesse sfamare loro e le rispettive famiglie. E lì, con tutta la voglia che aveva di sistemarsi, riuscì a trovare un impiego in una delle numerose fabbriche dove migliaia di operai lavoravano la seta. Correva l'anno 1948. In quella stessa fabbrica conobbe Concettina, sua compaesana, che presto sarebbe divenuta la sua compagna, per cinquant'anni.

Tutti gli anni tornava in paese a ritrovare la sua mamma ed i parenti: i primi anni in treno, quindi in macchina. Ed era una festa per tutti. Dalla Francia portava il caffè, lo zucchero, le sigarette ed il cioccolato. Si andava qualche volta al mare, con quella benedetta macchina sempre agognata, si andava in campagna, si organizzavano scampagnate per andare a mangiare la ricotta ancora calda alla "Crucifìa".

Tutti questi ricordi mi frullavano nella testa mentre, imboccato il Frejus, ero ormai giunto comodamente in Francia, e sopra la mia testa troneggiavano le imponenti montagne una volta scalate a piedi dallo zio, e che adesso immaginavo immobile su un letto d'ospedale.

La zia mi abbracciò piangendo.

"Guarda!", mi disse, mostrandomi il giornale 'La voce di Campofranco'. "Guarda com'era felice qualche mese fa, quando festeggiammo i cinquant'anni di matrimonio".

Osservai commosso la piccola foto posta nell'ultima pagina del giornale (che avevo già visto a casa mia), e che teneva ben in vista sul banchetto, vicino al libro dove i visitatori apponevano la loro firma.

La stessa osservazione gliela sentii fare parecchie volte quella mattina, a quanti si recavano a presentare le condoglianze. E tutti annuivano confermando che anche loro avevano già visto quella piccola foto a casa propria o di qualche amico.

La cerimonia funebre fu per me una sorpresa piacevole (mi si faccia passare questo termine, date le circostanze), per semplicità e affetto: gli officianti che chiamavano per nome il defunto, i parenti e gli amici, il ricordo della sua storia in terra di Francia, la compostezza e la sacralità del "gran cerimoniere" che impartiva ordini col semplice gesto della mano o degli occhi, leggeva preghiere a suffragio, benediceva ed invitava a benedire la salma circondata dai fiori.

Uno sguardo ai presenti che riempivano la Chiesa, mi fece piombare nei lontani anni cinquanta! Quante facce conosciute, quante persone che non vedevo da decine d'anni, quanti amici e vicini di casa spariti dal paese e persi di vista!

"Abbiamo letto la recensione del tuo libro su La Voce di Campofranco", mi dissero alcuni, a fine cerimonia. "Facci sapere quando pubblicherai il prossimo".

"Continuate a leggere il giornale, e presto troverete mie notizie", li incoraggiai.

La forza di un piccolo giornale! Nell'era della comunicazione globale, dei telefoni senza confini, della telematica, il piccolo giornale conserva un suo fascino ed una sua specifica funzione: portare a conoscenza fatti, episodi a volte ritenuti minimi e notizie che altrimenti andrebbero ignorati, e riesce a tenere legati al proprio paese d'origine intere generazioni sistemate per sempre oltre confine. La notizia vola, si perde; invece, la piccola foto anche in ultima pagina, scattata in occasione d'un anniversario, per tanto tempo susciterà ricordi ed emozioni in quanti avranno modo di poterla osservare.

Ciao, monsieur Alfano!