L’IGNORANTE

Milano 1997

 

Don Carmine era un gran giocatore, tanto vizioso quanto sfortunato. Era conosciuto come Zicchinettaicchinetta, per la sua abitudine a quel gioco a carte, vietato perché ritenuto d’azzardo; ma comunemente tutti lo chiamavano MilincianaMilinciana, per la sua forma tozza e sproporzionata da farlo assomigliare proprio ad una grossa melanzana, con un gran pancione ed una testolina piantata su un lungo collo. I suoi vizi di gioco non si limitavano alle carte o alle continue scommesse, dal momento che don Vincenzo Scarpetta, il gestore dell’unica ricevitoria del lotto del paese, lo annoverava come il cliente più assiduo ed affezionato. Non appena recuperava qualche lira, subito si precipitava a giocarseli puntando sul suo terno preferito. A chi gli si rivolgeva per consigli, visto che era ritenuto un grande esperto nell’interpretare i sogni e nel combinare i numeri, era solito ripetere:

"Guai a non giocare al lotto i numeri avuti in sogno dal nonno o da un lontano parente. Non è detto che il sabato vengano pescati dall’urna, ma se, caso più unico che raro nella vita, ciò dovesse verificarsi senza averci scommesso qualche lira, sarebbe certamente una grandissima delusione poiché non si verificherebbe mai più. Sapete quante sono le combinazioni possibili? Tantissime, milioni di milioni!".

A questo punto cominciava a fare calcoli complicati, moltiplicava e divideva secondo i suoi astratti concetti della matematica, e alla fine farfugliava delle cifre a casaccio, più o meno grandi, secondo la persona che aveva dinanzi e che voleva impressionare.

Lui ai sogni credeva, però: eccome! Non sempre incontrava in sogno la buonanima pronta a dargli i fatidici numeri; a volte gli capitava di svegliarsi col magone per avere sognato scene tristi e raccapriccianti, spesso si levava stanco e sudato per avere rimuginato le preoccupazioni di tutta una giornata, a volte, ma raramente, tranquillo e riposato dopo una dormita ristoratrice. Dai suoi umori mattutini, donna Teresa, dopo anni di matrimonio e di sopportazione, ormai capiva al volo se don Carmine aveva litigato o meno con qualche anima passata a miglior vita, e poteva quindi regolarsi di conseguenza per l’intera giornata.

 

Quella mattina don Carmine si era levato più allegro del solito, con ancora negli occhi una visione bellissima che, a giudicare dallo stato di rilassatezza e di quasi beatitudine in cui si trovava, doveva avergli tenuto compagnia e rallegrato per tutta la notte. Non riusciva ad allontanare dalla mente quelle scene e neppure quel volto intrigante che gli sembrava quasi familiare, e che lo affascinava e lo turbava allo stesso tempo; era un volto angelico, visto e rivisto chissà quante volte, ma che non riusciva, nonostante i tanti sforzi, a focalizzare e a localizzare nel tempo e nello spazio; neanche dopo avere sorseggiato il primo dei tanti caffè della giornata. I suoi sogni normalmente, belli o brutti che fossero, svanivano alle prime luci dell’alba, a contatto con la realtà, lasciandogli solo labili tracce e strascichi indecifrabili. Mai, aperti gli occhi, era riuscito a ricostruire scene e personaggi che gli avevano tenuto compagnia per tutta una notte. Quella volta, però, si era verificato il miracolo, ricordava tutto, per filo e per segno, al punto da pensare che si trattasse di una forte allucinazione o che stesse sognando ad occhi aperti. Fece un veloce riepilogo alla ricerca di eventuali numeri, da segnare nel timore di poterli dimenticare, ma non riuscì ad individuarne tre che gli permettessero di comporre il suo famoso terno.

"Giusto così, pensò, dal momento che i numeri da giocare al lotto li suggeriscono soltanto i parenti stretti passati a miglior vita, e quel volto, bello, sorridente e signorile, sicuramente non era un mio parente, neanche alla lontana!".

Si sdraiò sul letto, nonostante la moglie lo invitasse ad alzarsi, visto che era già ora di mercato, e, fissando il bianco soffitto, che aveva sicuramente bisogno di un buon restauro, cominciò a rivivere tutti i dettagli e ogni particolare della lunga visione notturna.

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Si trovava su una grande nave, un’elegante imbarcazione da crociera piena di gente facoltosa che, per distrarsi dalle normali attività della vita, ogni tanto s’imbarca in cerca di distrazioni ed emozioni fuori del comune. La sua vista spaziava su un salone enorme, pieno di persone elegantemente vestite, che, sedute ai tavoli appena illuminati da una tremolante luce di candela, sorseggiavano champagne, mentre un’orchestra rallegrava i presenti suonando dolci melodie. Tra un’esecuzione e l’altra, un presentatore si avvicinava ad un microfono e, prima di annunciare il nuovo pezzo musicale, intratteneva gli ospiti con una barzelletta che, quasi sempre, suscitava l’ilarità degli ascoltatori. Sembrava anzi che i presenti fossero più attenti alle battute di quel presentatore che alla stessa musica; infatti, mentre l’orchestra suonava si distraevano e chiacchieravano, per tornare attenti ed interessati alle battute di quella specie d’imbonitore. Questo, tra una gag e l’altra, permetteva di prendere fiato agli orchestranti che, dagli sguardi e dall’intesa che mostravano, dovevano certamente esseri buoni amici. L’attenzione di don Carmine si concentrò su quel personaggio; non molto alto, ben vestito, forbito nel parlare, e che rideva a crepapelle assieme agli spettatori dopo le sue battute ad effetto. Il suo sgargiante sorriso di soddisfazione gli illuminava il volto; per ringraziare dei copiosi applausi, il capo appena chino in avanti, girava il volto ora a destra ora a manca, tenendo ben stretto il microfono nel pugno della mano sinistra, quasi poggiato al petto, ed il braccio destro ben proteso in avanti. Quel volto gli era familiare, l’aveva visto e rivisto chissà quante volte in televisione. Gli ricordava uno dei tanti venditori di tappeti o di gioielli, dal modo di fare e di porsi, per accaparrarsi l’attenzione e la fiducia dei telespettatori ; o forse uno dei tanti imbonitori, venditori di pentole e tegami, che alla domenica accompagnano in gita frotte di pensionati che, col miraggio del viaggio e del pasto gratuito, alla fine si trovano costretti a comprare un po’ di mercanzia a prezzi spesso non convenienti. Don Carmine fissava sempre più il soffitto senza riuscire ad evidenziarne i contorni, e proiettava il suo sguardo verso l’infinito, abbandonando la scena della nave per concentrarsi soltanto su quel volto che lo ammaliava : come quando si osservano certe figure composte da tanti strani segni a prima vista in disordine, che però, messe a fuoco nel dovuto modo, nascondono belle immagini tridimensionali. Tutto ad un tratto ebbe un sussulto, come un colpo di fulmine, sicuro d’aver trovato la chiave di quello strano sogno. Balzò dal letto e corse verso il salotto dove teneva il televisore.

"Che succede, Carmé!", gli disse la moglie, donna Teresa, vedendolo dirigersi agitato verso la sala, senza neanche averla degnata di un saluto. "Già cominci con la televisione? A quest’ora non trasmettono programmi che possano interessarti!".

"Lasciami fare, Teré!", le rispose don Carmine agitato, senza degnarla di una spiegazione.

Acchiappato il telecomando, ne schiacciò il tasto numero cinque e diresse i suoi raggi all’infrarosso verso i ventun pollici. Miracolo! Quel viso sorridente e suadente, che gli aveva fatto compagnia per tutta la notte, era lì ad attenderlo, con le braccia aperte, come se volesse abbracciarlo, con un sorriso al dentifricio da primo mattino. Era proprio lui, il Comandante, che dalle sue reti televisive dava il buon giorno a quanti, fiduciosi, pendevano dalle sue labbra carnose, dal bel volto telegenico e dalla figura da teatrante! Da quell’attrezzo elettronico le sue parole emanavano calore e conforto per quanti, sfiduciati ed afflitti, avevano bisogno di essere rincuorati e rassicurati, sin dalle prime luci dell’alba. Don Carmine, il cuore colmo d’emozione, si sentì chiamare per nome e cognome! Lo rivide col microfono in mano accostato al petto, colorito come una fettina di tacchino appena estratta ben rosolata dalla padella, le guance dilatate in un sorriso celestiale, gli occhi fissi verso i suoi: esattamente come in sogno su quella nave per milionari, intento a rallegrare gli ospiti!

"Come fanno a sostenere che i sogni non si avverano mai?", esclamò tra sé e sé con aria trionfante e soddisfatta, mentre la moglie, inutilmente, lo invitava in cucina per la prima colazione. Prese carta e matita e, velocemente, per non perdere il momento magico, segnò tre numeri: 40, 67, 88, che secondo la smorfia che ormai conosceva a memoria, corrispondevano a "nave, presentatore, comandante".

Poi, estasiato e inebetito, per non perdere la ghiotta occasione d’evasione dalla triste realtà quotidiana cui quel video da tempo l’aveva educato e quasi drogato, chiuse gli occhi e si lasciò cadere pesantemente sulla poltrona per proseguire il sogno interrotto poco prima.

A don Carmine capitava spesso di sognare, e, cosa molto strana, che non riusciva a spiegarsi, sognava spesso la moglie Teresa. Non perché l’amasse a tal punto da volerle stare vicino anche nei sogni, ma proprio per il motivo opposto : perché i due litigavano continuamente durante il santo giorno. Cosicché i loro litigi da svegli, per futili motivi dovuti alla convivenza e soprattutto per motivi di politica, continuavano nel sonno con più accanimento che non nella realtà quotidiana. A tutti raccontava come una volta si erano svegliati stanchi e trafelati, con le mani dell’uno nei capelli dell’altra, e viceversa, in lampante atteggiamento di litigio. Quello era il periodo del dopoguerra, quando la politica era veramente sentita da tutti, soprattutto nei piccoli paesi di provincia, e l’elezione del sindaco inimicava gli amici e seminava odio persino tra parenti. Non c’erano le televisioni, le arene erano circoscritte alle piazze cittadine e le scintille scaturivano da infuocati comizi elettorali. Ancora adesso continuavano le loro violente diatribe politiche, che li vedevano sempre politicamente opposti, standosene però tranquillamente seduti sulla poltrona del salotto davanti al televisore. Su quasi tutto andavano d’accordo : ma sulla politica no ! Mezzo fascista l’uno, nipote di un piccolo gerarca da cui aveva ereditato tanta nostalgia del tragico ventennio ; più che comunista l’altra, che aveva perso il genitore durante la precipitosa ritirata fascista dal centro dell’Isola, dopo lo sbarco degli alleati.

Don Carmine era diventato un grande estimatore del Comandante, da quando questi aveva cominciato a diffondere nell’etere i suoi programmi a base di allegria, belle donne e pubblicità. Proprio quello che ci voleva, finalmente, in un’Italia sempre triste e piena di problemi esistenziali. L’etere era ormai saturo di miseria e di politici, i soliti rompiscatole, che parlavano di tasse, di cassa del mezzogiorno, di occupazione, di droga. Non passava giorno che non si parlasse di mafia e di camorra, di lega padana, di attentati alla dinamite e di delitti orrendi, di servizi segreti, di logge e di bancarottieri. La gente, insomma, era proprio stufa. Mancava una voce che desse fiducia, che facesse sognare tanti poveri diavoli alle prese coi problemi di tutti i giorni, e che facesse dimenticare le reali necessità della vita. E lui era l’esempio lampante, da imitare! Da intrattenitore di balera, istruito e volenteroso, era riuscito a costruirsi un impero, da raccontatore di barzellette, elemosinante applausi su una nave da crociera, adesso poteva fare sorridere un intero paese dalle sue reti televisive, ad ogni ora del giorno e della notte. Solo che adesso i suoi estimatori non si limitavano a quel centinaio di croceristi, ma erano diventati milioni e milioni in tutta Italia. Giornalisti, scrittori e persino scienziati si scomodavano quotidianamente ad enumerare i suoi meriti d’imprenditore e di trascinatore di folle. Per non parlare di certi presentatori televisivi che lo incensavano e strisciavano ai suoi piedi, al limite della decenza e dell’inverosimile. E l’arte ? Come non parlare di questo personaggio senza effettuare un confronto con un affresco rinascimentale, un busto plastico e armonioso di Michelangelo ? Una studiosa, esperta di arte medioevale, aveva persino osato (che orrore!), paragonare costui alla solarità del grande Federico II, "stupor mundi", re di Sicilia, imperatore e poeta, legislatore e padre dell’Università di Napoli, grande oppositore di Papi e regnanti di mezza Europa : nonché crociato e re di Gerusalemme ! Federico di Svevia, aveva saputo lasciare di sé, in pieno medioevo, attraverso mille manifestazioni d’arte, di cultura, di saggezza, di coraggio, un’immagine eccelsa ed imperitura. Il "puer Apuliae", con grande coraggio, aveva promulgato le costituzioni melfitane e non un decreto salva-ladri. Con quale coraggio si poteva paragonare lo "zorro nostrano" a Federico II, "stupor mundi" ?

Messaggi a senso unico che, sparati a raffica dalle sue televisioni private, riempivano, tra una pubblicità e l’altra, la testa dei telespettatori meno attenti e preparati alla politica, al punto da fare apparire vera una notizia inverosimile o addirittura falsa. Nell’immaginario di una persona semplice, non abituata a documentarsi con varie fonti, quali i giornali o la discussione, e incollata ad un solo canale televisivo, una frottola diventava facilmente una santa verità. Per don Carmine, come per altri milioni come lui, di media e scarsa cultura, tutto ciò che fuoriusciva da quei canali, e soprattutto da quelle sante labbra, era vero senza ombra di dubbio. I suoi sogni farneticanti ne erano la prova provata.

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"Non capiscono proprio nulla !", gli andava ripetendo in sogno la moglie, che la pensava in modo diametralmente opposto al suo. "’Nnavi cuda lu maccarruni ? Ci manca poco che lo beatifichino, solo perché compare e scompare a suo piacimento da quei maledetti televisori. Lo osannano e lo incensano come un dio, solo perché ha vinto le elezioni, e se lo ritrovano come capo indiscusso di un movimento nato dalle ceneri di decenni di errori e misfatti politici. E’ una vergogna, Carmé !".

Era sufficiente, infatti, che il suo mezzobusto, imbellettato e riposato, apparisse sul teleschermo per infondere fiducia e speranza. Fiducia in un avvenire migliore, e speranza di potere diventare un giorno come lui, il Comandante, da squattrinato studentello a padrone di un regno! Se il miracolo era avvenuto per uno, perché non poteva verificarsi per altri?

"Carmé! Quello ha avuto un culo incredibile! Chissà quanti imbrogli ha combinato per essere arrivato dov’è arrivato, e con la complicità di quali amici!".

"Ma che imbrogli e imbrogli!", rispondeva don Carmine. "Il Comandante ha avuto una volontà di ferro, e mettendo soldo su soldo è arrivato ad essere padrone di televisioni, di ville e di castelli".

"Perché allora non cominci anche tu a mettere lira su lira, per fargli concorrenza? Ricordi ciò che diceva la buonanima di tuo padre? Li sordi fannu sordi, e la luta fa pidùacchi! Morti di fame e onesti siamo, e morti di fame e onesti moriremo", gli rispondeva la moglie sempre più miscredente.

"Si vede che non capisci proprio niente! Secondo te, perché regala tanti milioni dalle sue televisioni? Per aiutare i poveri! Telefoni, rispondi ad una domandina facile facile, e dopo qualche giorno ti ritrovi un piccolo gruzzolo in tasca".

E col miraggio del piccolo gruzzolo e della domandina facile, correva al telefono, formava prefisso e numero telefonico che trovava regolarmente occupato, provava e riprovava. E si mordeva le mani, perché aveva indovinato il giusto prezzo di quel prosciutto o della lavatrice, avrebbe saputo rispondere a quel semplice quesito, conosceva il nome della località da indovinare. Intanto sgranava gli occhi alla vista di belle gambe e tette da capogiro, memorizzava il nome di tanti prodotti che l’indomani avrebbe sicuramente comprati, e restava sempre più incollato a quel video, in attesa che il Comandante facesse la sua comparsa quotidiana per elargire consigli e raccomandazioni ai suoi fedeli ascoltatori.

Don Carmine, naturalmente, era un fervente tifoso della sua squadra di calcio. Poverino! Quanti miliardi doveva anticipare per comprare questo o quel giocatore, cambiare allenatore gli costava un occhio della testa, poi c’erano i premi partita, gli ingaggi. Correva allo stadio e si sgolava per rincuorare gli sgambettatori del suo Comandante, che ormai erano diventati i suoi idoli. C’era da pagare un biglietto? Qualsiasi cifra avrebbe sborsato per vedere quei gladiatori, quei giganti battersi come belve per il loro Comandante, per vedere lo spettacolo di gente, inebetita per la propria squadra, urlare slogan ed insulti.

"Io, se potessi, lo farei Presidente della Repubblica, altro che capo del governo! Se lo merita, eccome! Ha acquisito un sacco di benemerenze, l’hanno persino fatto cavaliere, dà lavoro a milioni di persone, ha innalzato antenne ed aperto cantieri in ogni dove. Hai sentito cos’ha detto ieri sera ? Ha dato e dà decine di migliaia di posti di lavoro, senza licenziare nessuno e senza chiedere nulla allo stato, neanche un giorno di cassa integrazione", diceva, sempre in sogno, a donna Teresa.

"Certo, che se lo merita!", rispondeva questa seria. "La sua bravura è dire un sacco di bugie. Si vede che segui soltanto la sua televisione ; alla Rai hanno subito rettificato la sua ultima battuta. La sua più grande rete di distribuzione ha perso migliaia di dipendenti negli ultimi tempi, chi licenziato, chi in cassa integrazione. Allora, o dice bugie lui o le statistiche ufficiali. Ormai è padrone di tutto, ha case, ville e castelli, possiede televisioni e giornali, ha una forte squadra di calcio. Cosa gli manca, ormai? Fare il presidente della Repubblica! Si vede che sei proprio rincoglionito, Carmé! Ti rendi conto che quello ha amici potenti, politici e non, soprattutto in Sicilia, è in affari con avvocati molto famosi e senza scrupoli, ha uno stalliere in odore di mafia ed un precettore di grido: gli manca soltanto che scenda in politica! La mano, leggera come una piuma, che adesso tiene poggiata sulla tua testolina, diventerebbe pesante come una mazza, e, da melanzana che sei, diventeresti una patata! Non gli resta che mischiare affari e politica, per mettere una pietra tombale su tutte le sue eventuali pendenze ed imbrogli di cui si mormora con insistenza!".

"Stai bestemmiando, Teré! Non ti permettere più di ripetere simili fesserie! Il Comandante è persona brava e onesta, e mai si è macchiato d’imbrogli, come tanti sussurrano, soltanto perché invidiosi. La sua villa? L’ha comprata coi suoi risparmi e non con l’inganno, le sue costruzioni sono sempre risultate in regola con quanto prevede la legge, le sue televisioni non sono in conflitto di proprietà. I suoi nemici, che lo vorrebbero morto, parlano di scatole cinesi e di oscuri passaggi di mano. Tutto falso. L’ha sempre detto che non ha mai fatto imbrogli, e se imbrogli ci sono stati, l’hanno fatto gli altri, i suoi nemici. Lui è solare, ignora trucchi e imbrogli".

"L’hai detta bella, Carmé! Ignora proprio tutto: il vero ignorante non è chi non sa, ma chi finge di non sapere. Si ritrova pieno di soldi che non sa più dove mettere e non si rende conto di come abbia fatto a procurarseli. Sono stati gli altri, a sua insaputa, a metterglieli in banca? A te, però, non succede mai di ritrovarti centomila lire in più nel cassetto: se non ce li metti tu, io no di certo, chi può metterceli? Mio nonno, forse, che Dio l’ha spedito al cimitero prima del tempo, poverino?".

E venne il momento della sua discesa in politica! Come se avesse ascoltato la supplica di don Carmine, il Comandante, approfittando di un vuoto politico, in seguito alla dissoluzione dello scudo crociato e dei socialisti, scese pesantemente in campo, giocò una partita d’attacco, e, spalleggiato da forti e potenti attaccanti, di quelli senza scrupoli che menano calci e pugni per farsi largo, fece un goal clamoroso e vinse la partita! Fu un tripudio generale, le sue guance si dilatarono in un sorriso da maschera, i suoi tifosi lo issarono al settimo cielo, i suoi fedeli sostenitori cominciarono a chiedere la contropartita pattuita. Chi ministro, chi sottosegretario, chi dirigente. Nel paese si cominciò, finalmente, a respirare aria nuova, la borsa volò alle stelle, la nazione tutta iniziò a vivere una nuova era di speranza ed ottimismo. Cominciarono i regolamenti dei conti: i vecchi burocrati furono mandati a casa con calci nel sedere, furono occupate tutte le poltrone di prestigio fino allora in mano al nemico, gli amici degli amici, sempre più petulanti, ottennero il posto tanto desiderato, per cui si erano battuti.

"Hai visto, Teré, che trionfo!", disse don Carmine alla moglie Teresa. "Finalmente il Comandante ha avuto ciò che si meritava! Per strada già si respira aria nuova e pulita!".

"Veramente, nel vicolo a fianco sento più puzza di prima, Carmé!" gli disse la moglie, "Sarà forse perché hanno adibito quell’angolo a discarica. Ma dove la senti quest’aria nuova e pulita di cui parli? Fesso sei, e fesso rimani! Non vedi da quali personaggi si è circondato, pur di vincere la sua battaglia ? Dai fascisti, che prima o poi gli chiederanno un conto salato, e da quel caratteristico personaggio da foresta che, a ragione, ha giurato di non volere governare coi fascisti e che chiama il tuo Comandante "Berluskaiser"! Questo, sicuramente, raggiunto lo scopo che si prefigge, e cioè dare risalto alle sue idee secessioniste, lo pianterà in asso e lo lascerà con tre palmi di naso. Il tuo Comandante, adesso, potrà fare ciò che vuole, e se ricco era prima, più ricco diventerà adesso che ha in mano tutto il paese; lo capisci questo, o no?".

"Quello era già ricco di suo, Teré! Il mondo economico è ai suoi piedi : le televisioni, i giornali, l’edilizia. Che vuoi che gliene freghi di fare soldi con la politica! Vuole soltanto mettere le cose a posto, in questo sgangherato paese, è animato da un senso d’altruismo mai visto in ogni tempo. Vuole fare un’Italia dove non esistano più i poveri, dove tutti abbiano un lavoro sicuro e ben remunerato, e dove finalmente tutti possano sorridere, come fa lui dalle sue televisioni" le rispose animatamente don Carmine.

"Lo vedo, lo vedo! Se era ricco di suo e non lo fa per interesse, perché non comincia col rinunciare al suo stipendio di ministro? Quello metterà subito a posto i suoi interessi. Osserva che fine stava facendo mani pulite! Appena si è sentito un galletto, ha tentato di bloccare ogni inchiesta, di fare piazza pulita dei giudici, delle condanne inflitte a tutti quei ladroni di stato, degli arresti eccellenti, nel timore che, prima o poi, potesse capitare anche a lui la stessa fine. Meno male che tanta brava gente è insorta contro il colpo di spugna che i suoi amici si preparavano a votare a favore dei corrotti di tangentopoli, il cosiddetto "Decreto Salvaladri". Persino alcuni ex magistrati, timidi e riservati, si sono rivoltati contro gli ex colleghi, come se fino al giorno prima non avessero condiviso gli stessi problemi e le stesse angosce. Era questo che volevi, povero fesso? E l’hai avuto! Ormai è come il prezzemolo, è dappertutto. L'altro giorno è comparso persino sugli schermi della Rai, adirato, perché, dalle sue cucine, lo avevano appena informato che si stava parlando male di lui! Ha fatto clic, e, "Deus ex machina", è apparso, come succedeva nelle tragedie greche! Solo che stavolta la tragedia è tutta nostra".

"Ma che tragedia e tragedia, Teré ! Il fatto è che tanti gli vogliono un gran male, sono invidiosi: se lo lasciassero lavorare in pace, come ha sempre dichiarato, anziché punzecchiarlo e denigrarlo, vedresti cosa sarebbe capace di fare! Rivolterebbe l'Italia come un calzino e la rifarebbe come nuova, se …", rispose don Carmine gonfiandosi il petto.

"Sì, Carmé !", lo interruppe donna Teresa che in queste cose sapeva il fatto suo. "L'abbiamo già conosciuto un fanfarone che, con le sue manie di grandezza, voleva rifare l'Italia. Aveva cominciato con una sprazzo di gloria, ma poi si alleò coi nazisti tedeschi ed il suo ventennio finì in uno spruzzo di merda! Appeso a piazzale Loreto. Possibile che la Storia non t’insegna proprio nulla? Che fine hanno fatto tutti quei socialisti che dicono di avere fatto l'Italia e sofferto le pene dell'inferno a causa dei fascisti: chi fucilato, chi in galera, chi al confino? Sono tornati in braccio ai loro carnefici, come se nulla fosse successo? Erano fasulli allora, o sono fasulli adesso? Sognano forse, coraggiosamente, di seguire il loro capo, "Gambadilegno", come lo chiamano, nei dorati lidi di Hammamet? O hanno paura dei comunisti che, in fin dei conti, sono stati determinanti nel liberare l'Italia dal fascismo? La sai l’ultima ? Dicono che i fascisti salutano con la mano ed il braccio teso, i comunisti con il pugno chiuso e i socialisti incrociando i polsi ! Evidentemente perché si aspettano le manette, da un momento all’altro. Il tuo Comandante fa aleggiare gli spettri del comunismo, di cui, senza motivo, ha una strizza incredibile, e intanto, pur di guadagnare consensi ed avere uno straccio di maggioranza, ha sdoganato i fascisti portandoli al governo. Questi, tutto ad un tratto, hanno cambiato pelle, e sono diventati dei timidi agnellini, a parole, però. Parteggiano, perché fa loro comodo, per la camicia azzurra, ma la loro divisa nera l’hanno momentaneamente parcheggiata sotto il materasso, come tu quella di tuo nonno ! Il loro capo è un gran furbacchione, poiché sa fingere molto bene, trincerandosi dietro la sua arte oratoria. Fa finta di essere diventato un leader democratico per accattivarsi la simpatia di tanti boccaloni, ma in fondo pensa esattamente il contrario di quello che dice. E’ una gran vergogna per tutto il paese che li abbia portati al governo, insieme a quel folle padano, che cerca soltanto la secessione".

"E poi, Carmè !", proseguì donna Teresa "Cos’è questo mito del pallone, questa sua infatuazione della pedata? Parla sempre di squadra, dice che vuole fare diventare l’Italia come la sua squadra di calcio, parla di attaccanti, di contropiede! Dice di avere messo la palla al centro. Roba da matti ! Pretende forse di governare il Paese a pedate? Non capisci che lui, le pedate, vuole dartele nel culo? Ha inventato, in questo sì ch’è stato bravo, un partito azienda, fa e disfa a suo piacimento, ha trasferito la sede del governo presso la sua villa ; tanti petulanti e arrivisti strisciano ai suoi piedi in santo pellegrinaggio a tutte le ore del giorno e della notte ; un nugolo di giornalisti fa costantemente la posta ai vari personaggi che vanno a prostrarsi ai suoi piedi, e decine di fotografi aspettano l’attimo per immortalarlo mentre amabilmente deambula tra i viali a braccetto coi capi dei vari partiti. Si è insomma montata la testa al punto da dichiarare in Parlamento che lui é "unto dal Signore", "che cammina sulle acque", "che ha un complesso di superiorità che stenta a frenare", si crede il nuovo Messia del duemila in grado di moltiplicare a milioni i posti di lavoro, come se fossero pani e pesci! Finirà che tanti boccaloni, tu per primo, abboccheranno all’amo, crederanno veramente ai suoi falsi miti americani, penseranno sul serio di trovarsi attori di una telenovela come Beautiful, Dynasty o Sentieri, e scorderanno i veri problemi che li assillano. Anziché lavorare, scenderemo tutti in piazza, come in un sogno, a ballare ed a cantare. Guarda che personaggi ha scelto, (poiché, bel segno di democrazia, è sempre lui a scegliere), per governare il paese: la Barbie, il Bello, lo Juppy, Faccia di bronzo, il camaleonte di Parma, il Dinosauro, lo Straccio, Toro seduto, Er pecora, il filosofo detto Archimede, che non ricorda la sera cosa ha detto la mattina, l’eroe di Baghdad, la Pipituna, Er Pinguino, la Rossa, lo Schizzato, Sottofondo musicale, Marco all’arrabbiata, e poi tanti riciclati e piduisti! Cosa puoi sperare da una simile accozzaglia di personaggi? Per non dimenticare il suo grande consigliere africano, amico fraterno! Fanno un bel duetto insieme: uno il braccio e l’altro la mente! Dice di avere ceduto le sue aziende al pianista, suo vecchio amico di gioventù che suonava sulle navi mentre lui cantava, per potersi muovere liberamente e non avere più conflitti d’interessi; ma va a finire che un giorno o l’altro ci faranno una bella serenata dai banchi del Governo, per addormentarci, s’intende!

Sta occupando tutti i posti di potere, perché lui non vuole governare, come dice, ma vuole comandare, stravolgendo ogni regola democratica. Vuole il potere, e cioè la magistratura ; come se non gli bastassero le sue televisioni, pretende anche la televisione di stato, dove ha insediato quel grillo parlante radicale, vuole per sé tutta la stampa. Vergognosamente, dichiara che la P2 riunisce tutti gli uomini migliori della nazione, perché anche lui è un piduista, appartiene a qualche loggia segreta. E’ un carbonaro, Carmé ! Ma non di quelli che una volta tramavano e rischiavano la vita per fare l’Italia ; questi tramano per fare soldi e conquistare il potere. Usano il metro per prenderti le misure e la cazzuola per murarti in qualche nicchia, e così renderti muto per sempre. Di giorno sono stimati professionisti, insospettabili burocrati, e di notte usano il cappuccio con due fori per gli occhi, come i banditi, per non essere riconosciuti. Ti ricordi cosa ci raccontava quel tuo parente, Santino, il figlio di za’ Pippina, prima che lo accoppassero? Lui più che mafioso era una mezza calzetta, ma quella volta si trovò per caso alla riunione dei capi. Riuniti intorno al tavolo in base ai loro gradi, come i dodici Apostoli nella famosa cena, si passavano la "cannata" piena di vino da cui bevevano un sorso, e poi si scambiavano il bacio sulla bocca, che schifo ! Per loro era il giuramento di fedeltà alla causa comune, al delitto, al furto e all’omicidio. Solo che questi sono più furbi, secondo me: se ne stanno incappucciati e non si conoscono l’uno con l’altro, così non possono sputtanarsi o accusarsi a vicenda, come stanno facendo tanti pentiti. Cambia la forma, ma la sostanza sempre quella è! Anche il tuo Comandante è stato accusato di avere bevuto alla "cannata" e di avere stampato un bacio d’affiliazione su qualche bocca bavosa e schifosa. In che mani siamo finiti ! È assodato che sia un piduista, ha ricevuto una caterva di avvisi di garanzia per corruzione e falso in bilancio; adesso, mentre è riconosciuto che alcuni suoi collaboratori sono mafiosi, si adombra il sospetto che anche lui sia in collusione con la mafia siciliana, per aiuti ricevuti nell’organizzare il suo partito nell’Isola. Ma sai com’è ? "Vox populi, vox Dei!", dicevano gli antichi. E quando circolano certe voci, non c’è Tribunale o avvocato che tenga, sia esso il migliore in assoluto! Mi dirai, come il solito, che sono una comunista accanita, che vedo mafiosi e delinquenti ad ogni angolo: ma è meglio prevenire che curare, caro Carmine! Quando li prendono, questi signorini, politici prestati alla delinquenza, gettano nel cesso i soldi che scottano e persino il loro passaporto per non essere estradati : poi cadono immediatamente in depressione, e chiedono di essere ricoverati in ospedale. Si sentono mancare all’idea di dovere dividere, assieme a qualche vero disgraziato, i due metri per due, dove, intanto che mangi seduto sul bugliolo, sei pronto ad evacuare quanto hai appena ingerito. Abituati al lusso ed allo spreco, si sentono persi, vogliono subito il loro avvocaticchio che magari li consiglierà di non parlare, per non incorrere in guai maggiori. E se questo non è in grado di tirarli fuori in fretta, arrivano persino al suicidio, per la vergogna. Sono molto delicati, poverini, non sono abituati alla guerra di trincea col mitra in mano, come i veri mafiosi; la loro trincea è una bella scrivania rivestita di pelle e il loro mitra si chiama penna, che spara più velocemente e con più accanimento di un vero mitra d’acciaio. Caduti nella rete, l’onere di difendere il proprio prestigio passa ai loro avvocati, di valenza proporzionale alla facciata da riverniciare. Più di grido sono, più aumentano di calibro le loro pallottole, che diventano più perforanti e detonanti agli occhi della pubblica opinione, e arrivano diritte alle orecchie di chi deve intendere. Ultimamente, i veri attori sono stati loro, gli avvocati, che hanno dato più spettacolo dei propri assistiti, i quali spesso si sono limitati a fare scena muta, mentre erano loro a cantare. Di pari passo è aumentata la loro notorietà ed il calibro delle parcelle ; tanti, da semplici praticanti od oscuri avvocati di provincia, sono assurti a blasonati prìncipi del Foro".

 

"Questo è il tuo guaio, Teré", controbatteva don Carmine, "Che ti lasci influenzare dalle voci di corridoio, che prendi per oro colato ogni starnuto e ogni notizia, senza prima accertarti che sia vera e che non sia messa in giro per menare discredito e sputtanare la gente perbene. La verità è che ormai tutti parlano a sproposito di tutti, ognuno dice la sua in base alla propria fede politica, dimenticando di ragionare col cervello, prima di emettere una sentenza inappellabile. Ogni giorno i giudici, dietro ogni angolo, scoprono miliardi di tangenti e li attribuiscono al primo sotto tiro in quel momento, accusano per esempio il Gobetto di essere il padre dei mafiosi, dimenticando che per cinquant’anni ha guidato l’Italia con discrezione e professionalità. E le prove? Dobbiamo dare credito solo ai delinquenti pentiti, ai rinnegati, ai Giuda, che spesso lo fanno per vendetta e per avere protezione dallo stato? Dobbiamo credere ai baci a profusione, di cui parlano costoro, o agli incontri ed ai baciamani impossibili cui dicono di avere assistito ? Anche se pentiti, criminali sono e criminali restano! Dov’è finito il garantismo di cui ti sei riempita la bocca, quando si trattava di difendere i capoccioni del tuo partito, delle cooperative rosse, dei contributi in rubli che giungevano nelle valigie diplomatiche dai paesi dell’est? Quelli erano leciti perché andavano a riempire le casse di Botteghe Oscure e servivano per la crescita del tuo partito; perché adesso accusano e processano soltanto Gambadilegno per avere finanziato il suo partito? Quando conveniva, perché lui era potente e dettava legge, pendevano tutti dalle sue labbra, facevano la fila per avere un colloquio, un favore, una raccomandazione ; adesso, caduto in disgrazia a causa delle maldicenze comuniste, viene evitato come un cane rognoso, e tutti gli danno addosso al punto ch’è dovuto emigrare in un altro continente".

"Carmé! Mi fai schifo! Poco ci manca che difenda pure Re Mida, che nascondeva i lingotti d’oro persino nel sottoscala, non sapendo più dove metterli! Il signore di cui parli, era diventato padrone di Milano, assieme alla sua famiglia ed ai suoi parenti più stretti. Si organizzavano feste a profusione, e per avere un favore, bastava dichiararsi di fede socialista. Dappertutto campeggiava quel faccione simpatico e sorridente, che deve avere ispirato il tuo Comandante. Altro che maldicenze comuniste! I guai è andato a cercarseli da solo, poiché non poteva fare e disfare a suo piacimento, organizzare viaggi in Cina, per amici e conoscenti, coi soldi dei contribuenti, incassare tangenti che andavano ad ingrossare i suoi conti in Svizzera, dicendo che erano del partito. D’accordo che la massa è stupida e va trattata a calci nel sedere, ma alla lunga anche i più inetti e servili aprono gli occhi. I miliardi di Gambadilegno sono finiti in Africa, ad Hammamet, dove, con la compiacenza del capo locale, s’è costruito un fortino, scortato notte e giorno da guardie armate, e pieno di antenne da cui manda fax e messaggi farneticanti ai giudici di mani pulite. Oppure nelle banche svizzere, sempre pronte ad accogliere soldi di provenienza lecita o illecita, se non in sud America, gestiti da qualche amico compiacente. Non l’avessero detto i romani che i soldi non puzzano, l’avrebbero inventato gli svizzeri questo motto. Eccome se puzzano! Te la immagini una montagna di cartacce, si fa per dire, passate migliaia di volte da una mano all’altra, mani puzzolenti e sudaticce, sporche di grasso o di pesce? Forse usano le maschere per smistarle nelle loro casseforti. Capisco perché hanno inventato gli assegni e le transazioni fatte col computer: basta una cifra ed uno scarabocchio, quello giusto naturalmente, ed il giuoco è fatto, per andare ad ingrossare i vari conti cifrati. Una volta scoperti, dicono che quel conto non era il loro, che di quei miliardi non ne sapevano nulla, e sono capaci di rifiutarli pur di non essere perseguiti. Tanto sono soldi non sudati, arrivati per vie traverse da un ministero o da un ente pubblico, sono tangenti, insomma, sono soldi in nero! Chi è quello stupido che ha sudato per guadagnarsi uno stipendio, e lo lascia sul tavolo del salotto a disposizione degli amici più o meno bisognosi ? E quelli, sul tavolo lasciavano decine e decine di milioni, come fossero i confetti che nostra comare ieri ha offerto agli invitati per il battesimo del figlio. E sì che erano sudati quei confetti! Ha dovuto vendere un tumulo di frumento, chiesto in prestito, per fare bella figura cogli invitati! Hanno tentato in tutti i modi di screditare il segugio che li ha stanati in capo al mondo, al punto da costringerlo a dimettersi, per potersi difendere da certe accuse infamanti: ma vedrai che quello, prima o poi, torna più forte di prima. Nonostante gli avvisi di garanzia, che i suoi avversari si sono adoperati a fargli pervenire, non appena apre bocca stanno tutti alla finestra, preoccupati e timorosi, e si lambiccano il cervello per scoprire le sue intenzioni. Hanno paura dei processi e delle condanne, che già cominciano a piovere sulle loro teste, e cercano mille scappatoie, mille compromessi e patteggiamenti per non restare sepolti dai loro stessi escrementi. Tanti, da veri furbi, si sono messi da parte, si sono rassegnati e stanno pagando in silenzio. I più duri, quelli che si sentono ancora protetti dalle alte sfere, da qualche giudice compiacente specializzato nell’annullare i processi con cavilli e per vizi inesistenti, cercano di resistere prima di emettere l'ultimo rantolo. In questi giorni, da sinistra a destra, stanno cercando di modificare un articolo del codice di procedura penale, il 513, con l’intento di ritardare e quindi invalidare tanti processi di mani pulite. Questa modifica renderebbe obbligatorio per i collaboratori di giustizia e per i testimoni in genere, dovere confermare in dibattimento le testimonianze rese davanti al solo pubblico ministero, per i processi a venire ma anche per quelli in corso. Ciò equivarrebbe a rifare quasi un migliaio di processi importanti, con imputati eccellenti che cercano in tutti i modi di allargare le maglie della giustizia e farla franca. Se le Camere dovessero approvare queste modifiche sarebbe una vera indecenza, e per l’Italia del diritto si aprirebbe un baratro incolmabile. Ma vedrai che, caduti i protettori altolocati, alla fine cederanno anche loro. Se il Gobetto diceva che il potere logora, io ti dico che la perdita del potere logora ancora di più : e la faccia sconsolata, anche se sempre abbronzata e tirata a lucido, del tuo Comandante, ne è la prova più evidente e lampante!".

"Carmé", urlò donna Teresa, "E’ ora d’andare al lavoro: la colazione è pronta!".

Don Carmine, svegliatosi di soprassalto, ebbe come un sussulto sulla sua comoda poltrona dei sogni: ed a lungo si lambiccò il cervello per capire se fu a causa di qualcosa di rovinoso accaduto al suo Comandante o per l'urlo di donna Teresa, che lo richiamava alla realtà. Mise in tasca il foglietto coi suoi tre numeri, corse da don Vincenzo Scarpetta, li giocò e vinse! Evidentemente, il suo Comandante, cominciava a sdebitarsi per quella sua quasi filiale devozione, e benché ancora vivo, ormai era entrato a fare parte della sua famiglia : dei morti, naturalmente!

O viceversa ?

Questo fatto, don Carmine, non riusciva a spiegarselo.

I fatti non smentirono donna Teresa, "comunista arraggiata". I pericolosi comunisti, che al solo pensiero facevano arricciare i peli al Comandante, martellarono senza un attimo di tregua il governo ; l’uomo della foresta, raggiunto il suo scopo, si ritirò da quella sgangherata coalizione di comodo, e da quell’ottimo trampolino di lancio cominciò a proclamare il secessionismo della Padania ; il Comandante fu lasciato in balia dei nuovi amici fascisti, ed il governo cominciò a dare i primi segni di crisi.

Il Comandante regnò ancora per qualche mese, tra mille difficoltà ; abbandonato definitivamente al suo destino politico dal folle leghista padano, cominciò a scricchiolare, ebbe un sussulto, si afflosciò, cadde. E, come quando ad una sedia viene a mancare una gamba d’appoggio, rovinò clamorosamente, nonostante i suoi accoliti si prodigassero in tutti i modi per tenerlo in sella. Dalle sue televisioni tornò a regalare all’Italia i suoi sorrisi, stavolta più di circostanza che sentiti, e sedette tristemente sugli scranni dell’opposizione. Continuò però ad emettere i suoi proclami di rivincita contro i comunisti al potere, immane rovina di tutta la nazione.