A cavallo del XX secolo, i bacini di carbone della regione Nord est della Pennsylvania divennero la casa per i numerosi immigrati della regione zolfifera della Sicilia. Il loro viaggio attraverso l’Atlantico favorì un modesto miglioramento del loro tenore di vita, ma i nuovi Americani si trovarono a vivere in condizioni di lavoro pericolose, gestioni abusive ed un’organizzazione Mafiosa spietata.

 

         Il Clan dei Montedoresi

                                         A cura di T.Hunt e M.A. Tona

 

A circa 130 miglia a Ovest della città di New York, un’organizzazione segreta prese piede, ai primi del ‘900, fra la comunità Italiana dei lavoratori delle miniere di carbone nel nord est della Pennsylvania.

L’organizzazione segreta conosciuta come "the Men of Montedoro" giocò un ruolo importante nello sviluppo della Mafia Americana, servendo da forza di coesione tra i clan di New York e Buffalo, dirigendo il crimine organizzato nel lucrativo campo del taglieggiamento dei lavoratori e operando al confine tra il racket sotterraneo e le attività legali.

         

                   Le miniere di carbone

Gli abitanti della Pennsylvania divennero consapevoli della presenza dei grandi depositi di antracite alla fine del 18° secolo. Il duro e lucido carbone venne considerato una povera sorgente di energia poiché difficoltoso ne era il controllo della combustione. Per questo vi era poco interesse alla sua estrazione. Il sistema pratico per usare l’antracite nel riscaldamento domestico venne sviluppato all’inizio del 19° secolo.

La geograficamente isolata regione del Wyoming Valley, nel Nor dest della Pennsylvania era particolarmente ricca di dura antracite. Tuttavia, il costoso e pericoloso sistema di trasporto verso i mercati attraverso i fitti boschi del Pocono Mountains o dell’infido fiume Susquehanna frustrarono gli sforzi di sfruttamento minerario nella regione. A metà del secolo, vennero realizzati dei canali per risolvere il problema. Il North Branch Canal permise il trasporto del carbone in direzione sud verso Filadelfia e Baltimora. Successivamente, l’estensione verso nord consentì l’accesso ai mercati di New York e del New England. Negli anni ’60 dell’ ‘800, la ferrovia iniziò a servire la regione.

Non appena l’industria mineraria dell’antracite iniziò la sua crescita, si ricorse all’impiego di minatori esperti provenienti dalla Scozia e dal Galles. Questi primi arrivati andarono a lavorare nell’area del Carbondale e gradualmente si mossero verso sudovest lungo la valle, verso Scranton, Pittston e Wilkes-Barre. La Wyoming Valley divenne una meta popolare per immigranti in cerca di lavoro. Una notevole varietà di Europei in cerca di sistemazione, fra essi Tedeschi, Polacchi, Italiani e Siciliani seguirono gli Scozzesi e i Gallesi nella nascente comunità della Luzerne County di Pennsylvania. Si stima in circa centomila gli immigrati sistemati nella regione tra il 1870 ed il 1915. Molti vivevano in ("mining patch") villaggi affiancati, progettati, costruiti e controllati dalle compagnie che tenevano in affitto l’area mineraria. I residenti nei villaggi affiancati erano costretti a pagare l’affitto di baracche cadenti e fare la spesa nei negozi di proprietà della compagnia medesima.

A cavallo del secolo, la Contea di Luzerne beneficiò della esperienza di immigrati provenienti dalle miniere di zolfo della Sicilia interna, famiglie di Montedoro e del vicino Serradifalco si spostarono verso questa regione. Si concentrarono nella città in espansione di Pittston, che cresceva lungo il fiume Suquehanna.

Montedoro da tempo era un centro di attività mineraria in Sicilia, e molta della sua popolazione maschile, inclusi adolescenti, erano impiegati nelle miniere. Il nome del Comune tradotto in "mountain of gold", si credeva fosse riferito al prezioso zolfo del sottosuolo. Mentre qualche strato di zolfo era cavato in superficie, la maggior parte della estrazione si eseguiva attraverso profondi scavi minerari, simili a quelli usati per estrarre il carbone di antracite nella valle dello Wyoming.

Per altro, la emigrazione delle famiglie da Montedoro non coincise con le peggiori condizione di lavoro minerario nelle miniere di zolfo ma a causa del fallimento di alcune compagnie abusive. Una storia riferisce, " Fu solo negli anni ’90, attraverso gli sforzi di attivisti sociali tipo Luigi Sturzo (un prete Cattolico), che norme contro il lavoro disumano e l’impiego dei ragazzi vennero emanate". Non è dato sapere con certezza se gli sforzi per regolare le attività minerarie fossero in relazione all’arrivo dei Montedoresi a Pittston. Ma è necessario sottolineare che i nuovi immigrati portarono con essi l’influenza corruttiva e abusiva della Mafia della loro nazione di provenienza.

            L’arrivo dei Montedoresi

Uno fra i primi ad arrivare da Montedoro fu Salvatore Bufalino, che attraversò l’atlantico nella tarda estate del 1901. Nell’Aprile del 1902, venne raggiunto dal cugino Giuseppe La Torre, che entrò negli USA attraverso il porto di New York a bordo della S.S. California e venne a vivere col Bufalino al n° 39 di Main Street in Pittston.

      

L’area di Pittston rapidamente divenne la casa adottiva di numerosi Bufalino, Sciandra, Lucchino e altri da Montedoro. Molti si sistemarono in piccoli villaggi minerari chiamati Brandy Patch nel sudest di Pittston. Altri si sistemarono in case di proprietà delle Compagnie nei pressi di Brown Patch.

Il figlio maggiore di Giuseppe La Torre arrivò negli USA nel Maggio 1903. Nato il 12 Marzo 1886, Stefano La Torre aveva 17 anni e probabilmente già Mafioso quando raggiunse New York sul piroscafo Principe di Sicilia.

Stefano La Torre fece la traversata transatlantica con Onofrio Morreale, nativo e compagno di Montedoro. Anche il Morreale venne indirizzato verso Pittston. La moglie di Giuseppe La Torre, Maria Marranca ed il resto dei ragazzi – Carmelo, Giovanna, Angela e Salvatore ( la coppia ebbe un altro ragazzo, Calogero, mentre erano a Pittston ), traversarono l’atlantico sei mesi dopo.

          

Due secondi cugini di Salvatore Bufalino, Angelo e Calogero (Charles) raggiunsero il Brown Patch di Pittston intorno al 1903-1904.

Le indagini delle Autorità successivamente conclusero che Charles Bufalino, come Stefano La Torre, erano membri trapiantati della Mafia di Montedoro.

Nel 1906, Stefano La Torre pagò il biglietto per la traversata al cognato, allora 26enne, capo della Mafia di Montedoro, Santo Volpe. Volpe arrivò a New York il 30 Giugno e prosegui per Pittston. Per le sette decadi seguenti, gli Uomini di Montedoro, delle famiglie La Torre, Volpe, Bufalino e Sciandra comanderanno la sotterranea Mafia locale e avranno grande influenza sulla politica, il lavoro e l’industria della Wyoming Valley.

 

            LEGAMI CON BUFFALO

Alcuni Montedoresi resistettero alla corrente verso le miniere e si fermarono nell’affollata città di Buffalo. Questi includevano molti parenti di quelli che popolavano Pittston. I Bufalino e Sciandra hanno forti presenze a Buffalo. Dopo meno di un anno a Pittston, Angelo Bufalino richiamò la moglie Cristina Buccoleri ed i loro 4 figli – Giuseppa, Calogero, Cristina e Rosario. A dicembre 1903 la traversata fallì per problemi di salute. La famiglia infine raggiunse gli USA nei prima del 1906, ma la giovane Cristina, probabilmente ancora malata, resto indietro in Italia.

                

Angelo Bufalino morì in un incidente minerario prima che la moglie ed i bambini raggiunsero New York City. I nuovi arrivati rimasero per un certo tempo a Elizabeth Street in Manhattan prima di dirigersi a ovest verso Buffalo. Calogero, che aveva americanizzato il suo nome in Charles, s’impiegò come musicista teatrale. Rosario e Giuseppina erano senza impiego. Dopo la morte della loro madre nel 1910, tornarono in Italia per molti anni e di nuovo a Buffalo nel Febbraio del 1914. Qualche mese dopo il loro ritorno, Giuseppa Bufalino sposò Angelo Cordaro barbiere a Buffalo che teneva due case di proprietà a Vermont Street. I fratelli Charles e Rosario si spostarono anch’essi nella residenza di Vermont Street. Rosario assunse il nome di Charles, frequentò le scuole pubbliche di Buffalo e successivamente si impiegò in una officina meccanica di automobili.

Carmelo Sciandra fu il primo membro della famiglia a raggiungere gli Stati Uniti. Arrivò a NYC a bordo della SS Victoria l’11 Agosto 1897. Rimase in città per diverso tempo assieme al cognato Salvatore Alaimo in Elizabeth Street. La moglie di Sciandra ed i figli fecero la traversata nel 1900. Un altro Sciandra, cognato di Giuseppe Licata di Serradifalco arrivò nel 1903. Licata venne in Sicilia nel 1905 e tornò all’inizio dell’anno appresso con la moglie ed i figli. Restò per breve periodo col fratello Calogero in Pittston, ma dal 1907, gli Sciandra, Licata e Alaimo si trasferirono a Buffalo.Si stabilirono in un appartamento sopra un salone in Court Street.

Nell’estate del 1907, Angelo fratello di Carmelo Sciandra, traversò l’Atlantico e si stabilì nel residence di Court Street in Buffalo. La moglie di Angelo, Leonarda Laporta ed i loro tre figli, Andrea, Giovanna e Pasqualina, arrivarono la primavera seguente.

La colonia siciliana di Buffalo,queste famiglie montedoresi, caddero sotto l’influenza dei mafiosi di Castellammare del Golfo e dell’area di Vallelunga-Valledolmo. Il Saloon appartenente agli Sciandra ed Alaimo, nella residenza di Court Street venne adoperato dal mafioso castellemmarese Angelo"Buffalo Bill" Palmeri, il boss della mafia di Buffalo Giuseppe Di Carlo, originario di Vallelunga, con radici in Valledolmo, gestiva una Compagnia di Import nelle vicinanze. Palmeri era luogotenente della famiglia mafiosa di Di Carlo. Vi erano ulteriori rapporti tra i componenti malavitosi delle famiglie trapiantate da Castellammare e Montedoro negli USA. John C, Montana, originario di Montedoro, che giunse a Buffalo, nel 1905, divenne una figura chiave della famiglia criminale di West N.Y. dopo che Di Carlo fu rimpiazzato da Stefano Maggaddino di Castellammare.

Il clan Montana- Maggaddino venne vincolato dal matrimonio del nipote Charles, nipote di John, con la figlia Giuseppina Maggaddino e la nipote Francesca Montana con il figlio Peter di Maggaddino.

Una concentrazione di Castellammaresi nella città di Endicot, N.Y. 65 miglia a Nord di Pittston, migliorò gli stretti rapporti tra i malavitosi di Cstellammare e gli uomini di Montedoro. I malavitosi siciliani di Endicot, a volte erano sotto il controllo del luogotenente di Maggaddino, nativo di Castellammare, Giuseppe Barbara, che aveva lavorato a fianco dei montedoresi di Pittston e Buffalo.

                        Mafia e retate

Intorno ai primi del 900 la crescente comunità italiana del Wyoming Valley si batteva contro gli estorsionisti della Black-Hand, i quali chiedevano il pagamento di un tributo agli onesti cittadini e commetteva atti di violenza contro coloro che si rifiutavano. Una organizzazione civica anti-mafia venne formata nella regione del Carbondale. Gestita dal prete cattolico locale padre Antonino Cerruti, chiamata Associazione di Protezione San Giuseppe, la quale si sviluppò nelle città di Scranton e di Pittston. Dal 1907 il gruppo ottenne numerose successi contro la malavita della regione. Si vociferava che la più potente organizzazione mafiosa della zona era quella di Pittston.

                  

Un articolo proveniente da Wilkes-Barre, pubblicato sul giornale di Filadelfia, ai primi del 1907, descriveva la lotta contro la Mano nera:

"Negli ultimi cinque anni la società della Mano nera ha avuto mano libera nella contea. Essa ha sistematicamente rilevato tributi sopra centinaia di italiani, i quali pagavano somme considerevoli per la protezione con la violenza, ha commesso numerosi oltraggi sopra gli altri che rifiutavano il ricatto. Le autorità erano quasi impotenti. Fino all’avvento del corpo di polizia dello stato, l’ufficio del Giudice distrettuale non aveva la forza per fare arresti di massa e ottenere la collaborazione delle vittime. Il destino degli informatori era ben noto poiché chi avesse portato delle prove avrebbe subito una morte violenta. In diverse occasioni gli italiani taglieggiati avevano informato la polizia di avere ricevuto la lettera firmata dalla Mano nera oppure erano stati personalmente minacciati; ma non appena denunziavano i fatti estortivi gli veniva richiesto di essere testimoni dichiaravano che mai avrebbero identificato alcuno e che non avevano alcun sospetto, non sarebbero tornati a fare altre denunzie e se ne tornavano a casa. Molti andavano in altre città per evitare la ritorsione della Mano Nera. Anche lo spostamento in altre città erano insicuri. Alcuni mesi addietro un italiano che aveva rifiutato di pagare si era spostato a Berwick e li un mattino venne chiamato alla porta e colpito a morte. L’ucciso non aveva legami con i suoi assassini. Un altro che aveva dato informazioni, alcuni anni addietro, contro l’organizzazione, venne colpito a morte a tarda notte a Pittston Anche in questo caso non c’era alcun collegamento. Un terzo venne assassinato e il suo corpo venne buttato in un buco di miniera vicino Browntown…. E l’elenco potrebbe continuare. Le case venivano colpite con la dinamite, agli uomini venivano tesii agguati e colpiti, le donne venivano terrorizzate, le case subivano incendi, ma raramente vi erano degli arresti."

Venerdì di primo mattino, 15 febbraio 1907, il capo della polizia di Pittston Joseph Loftus, molti agenti della contea e 35 agenti della polizia di stato "Troop B" conversero sul sobborgo Browntown di Pittston. Molti arresti vennero eseguiti. Il gruppo di polizia venne diviso in squadre che vennero inviate in spedizione nei villaggi vicini. Ventidue italiani vennero arrestati e accusati di vari reati inclusa l’associazione a delinquere, tentato omicidio, attentato dinamitardo, estorsione, esplosione contro le abitazioni. Arrestati e caricati di una cauzione di mille dollari e portati in prigione. Durante il raid la polizia rastrellò un vagone di fucili e pistole, coltelli ed esplosivi. Diciotto dei detenuti vennero allineati nei corridori della prigione di Wilkes- Barre e citati in giudizio. Molti testimoni hanno descritto come la popolazione era stata terrorizzata, facendo pagamenti periodici in contanti. Alcuni testimoniavano che gli accusati erano membri di una società segreta con più di 500 membri con ramificazione a N.Y.C., Buffalo, Rochester, Scranton, Wilkes –Barre e altra mezza dozzina di città. Il Giudice distrettuale Abram Salburg dichiara alla stampa che gli arresti hanno sgominato la società criminale della zona e sono di ammonimento per i detenuti.

           LA MANO NERA A GIUDIZIO

Tredici degli accusati degli appartenenti alla Mano nera vennero chiamati in giudizio il 22 aprile 1907 nell’aula di Tribunale di Wilkes-Barre del giudice Gaius Leonard Halsey. Tra gli accusati vi erano: Calogero Bufalino, Stefano La Torre, e Salvatore Bufalino; altri accusati erano: Gioacchino Cimmone, Calogero e Josye Comella, Calogero Dominici, Calogero Consaga, Vincenzo Lupona, Salvatore e Pietro Lucchino, Antonio Tagliarino.

                                   

Il processo ebbe l’attenzione dei media nazionali e venne seguito dai membri della polizia di N.Y.C. e dal servizio segreto degli USA e nello stesso tempo da alcuni membri delle organizzazioni criminali di N.Y. e Filadelfia. Il primo testimone dell’accusa fu Calogero Rizzo il quale testimoniò che 20 degli accusati erano coinvolti nell’attentato dinamitardo alla sua abitazione del 24 dicembre del 1905, in particolare indicò Stefano La Torre e due altri accusati di essere tra coloro che piazzarono la bomba nella sua casa. Rizzo disse che aveva avuto una richiesta scritta di 500 dollari. Questa richiesta era accompagnata dall’avviso che in caso di mancato pagamento sarebbe stato punito con la distruzione della casa o con la morte. Piuttosto che pagare Rizzo portò la lettera al capo della polizia Loftus.

Giuseppe Rizzo fratello di Calogero confermò la testimonianza e fornì altri dettagli sulla lettera della Mano Nera che anche lui aveva ricevuto. La lettera chiedeva 400 dollari da lasciare nella miniera n.4 vicino Pittston. Nello sforzo di catturare gli estorsori egli ad altri amici prepararono un’imboscata nella miniera. Tuttavia i membri della Mano Nera non si fecero vivi. In una lettera minatoria successiva aumentarono la richiesta a 500 dollari. L’accusato Salvatore Lucchino emerse come figura centrale nell’organizzare l’estorsione contro i fratelli Rizzo. Altri testimoni confermarono che Lucchino organizzò l’attentato alla casa dei Rizzo e prese parte alla sparatoria in altra occasione e personalmente aveva scritto le lettere minatorie. Il testimone Giuseppe Jorge raccontò del precedente tentativo di collaborazione insieme alla polizia locale che portò all’arresto di Gonzaga e Lucchino relativamente alle estorsioni della Mano nera. Alla chiusura del dibattimento, il 27 aprile, la stampa apprese che lettere minatorie erano state ricevute dal giudice dell’accusa Salsburg, dal capo della polizia Loftus, e il detective della contea Edward Mackim. Le lettere promettevano la morte se gli imputati della Mano Nera fossero stati condannati. Salsburg si rifiutò di discutere delle minacce ma parlò della storia dell’organizzazione criminale siciliana della regione:

                       

"Sono fermamente convinto che esiste un cosca della Mano Nera della contea. E’ una filiazione dell’organizzazione della Mano Nera di N.Y. Sono portato a credere che (Luciano) Perrino, meglio conosciuto come "Ox", era abbastanza attivo a Browntown, sobborgo di Pittston, finché incontrò la morte per mano di un assassino. Perrino era indubbiamente coinvolto nel mistero dell’assassinio di "Barrel Murder Mystery" a N.Y. dopo che egli venne rilasciato dalla prigione venne direttamente a Browntown, che allora era il quartiere generale della locale Mano Nera. Egli fu astuto e attento e riuscì ad ottenere grosse somme dai suoi paesani. Questa situazione non durò a lungo finché un certo numero di italiani estranei arrivarono da altre città. Ox introdusse gli estranei fra i suoi benestanti amici italiani come suoi amici. Dopo qualche settimana gli estranei se ne andarono ma lui rimase. Le lettere cominciarono ad essere ricevute dai benestanti italiani comunicando loro che se non avessero pagato una certa somma di denaro agli inviati della società le loro vite sarebbero state in pericolo. Molti di quelli che ricevettero le lettere di estorsione andarono dal signor Ox a chiedere come comportarsi. Egli proponeva un accomodamento. Era l’accordo di accettare il 50% di quanto richiesto e dava assicurazione che non sarebbero più stati molestati in futuro. Nella maggior parte dei casi il denaro venne pagato, il signor Ox prendeva i soldi ma fu molto egoista. Egli tratteneva per sé la maggior parte del denaro. Questo causò una discussione con il luogotenente e una notte fu ucciso per strada. Il suo corpo non fu ritrovato se non l’indomani mattina. Fu crivellato di proiettili mostrando che i suoi nemici lo odiavano con accanimento. Questi italiani che si rifiutarono di pagare al signor Ox presto sentirono il peso della Mano nera. Tre assassini ebbero luogo in breve tempo io credo che gli assassinati furono vittime dell’organizzazione. Non solo fecero ricorso agli assassini ma anche alle rapine.

Durante il dibattimento i nostri detective hanno notato dentro e attorno all’aula del tribunale, degli italiani che erano stati implicati in crimini sia a Filadelfia che a N:Y. e altre grandi città. Sono sicuro che erano lì per non buoni propositi. Uno dei testimoni venne intimidito, ma avendo aumentato il numero degli agenti, siamo stati capaci di dare protezione ai nostri testimoni e sono venuti a testimoniare senza alcun timore."

La difesa, inizio l’arringa il 29 aprile, sostenendo che l’accusa aveva creato una cospirazione criminale fantasiosa allo scopo di deprimere la fiducia degli immigrati nella giustizia e per la loro libertà. L’avvocato della difesa accusava i testimoni chiave dell’accusa, Charles e Josef Rizzo di condurre un sala gioco d’azzardo illegale e di stare tentando di rimuovere il potenziale rischio proveniente dalla presenza di residenti onesti nel quartiere.

I testimoni della difesa elogiavano il buon carattere degli accusati. L’accusato Dominici affermava che era arrivato negli USA non prima del mese di luglio successivamente al verificarsi dei fatti criminosi.

L’imputato Lucchino testimoniò il 2 maggio. Egli negò ogni coinvolgimento nelle azioni terroristiche contro i fratelli Rizzo. Seppe del fatto dell’attentato con le bombe alla casa dei Rizzo il mattino dopo. L’accusa concluse la sua requisitoria venerdì 3 maggio. Il giudice Halsey investì la giuria il sabato mattina. La giuria arrivò alla deliberazione prima di Mezzogiorno. La lista dei giurati raggiunse il verdetto alle ore 20,15. Dopo che la Corte chiese ulteriore aggiornamento il verdetto venne sigillato e chiuso a chiave. Il lunedì mattino, 6 maggio, il verdetto venne aperto e letto nell’aula di giustizia del giudice Halsey. Tutti gli imputati eccetto Volpe e Paternostro furono condannati. Volpe fu immediatamente rilasciato. Paternostro fu ritenuto per altra accusa. Il sabato il giudice in modo sorprendente comminò pene leggere. Gli accusati vennero condannati ad un anno di prigione. A ciascuno venne addebitata la spesa legale.

                 Crescita tranquilla

Santo Volpe, Stefano La Torre e Calogero Bufalino tranquillamente estesero la loro influenza sulla loro organizzazione mafiosa di Pittston durante il 1910.

Bufalino, conosciuto nella società segreta come "The old man" usò le sue relazioni criminali per migliorare la sua condizione finanziaria, ma in generale evitando ogni responsabilità organizzativa. Il lavoro di guidare la mafia nelle varie attività economiche venne lasciato a Volpe e La Torre. Mentre le loro attività si allargavano nella regione evitando i colpi della giustizia emergeva la loro vera occupazione. Fino al 1918 Volpe e La Torre erano impiegati nei profondi pozzi di antracite della Pennsylvania Coal Company. Dal 1920 ebbero sufficienti risorse e legami per diventare appaltatori di miniere. Calogero Bufalino si associò a loro nell’impresa. La loro piccola compagnia carbonifera arrivò al punto di comandare sull’estrazione della PCC. Per il quarantenne Volpe l’ingresso in questa attività lavorativa coincise col trasferimento nel bel residence a nord della via principale di Pittston. E’ molto probabile che Volpe e La Torre, in buoni rapporti con l’Unione dei lavoratori, portavano avanti una forma di racket per minimizzare le spese e massimizzare i loro profitti. La loro piccola Compagnia fu capace di selezionare la manodopera e riusciva ad occupare quelli che non credevano nell’Unione.

                                   

Quelle persone che avevano scarso senso di adesione all’Unione erano disposti a subire ritorsioni economiche.

Durante il 1920 un buon numero di parenti di Buffalo si spostarono a Pittston e si dedicarono oltre alla attività mineraria anche nella rapida ascesa dell’industria dell’abbigliamento. Grandi manifatture di vestiario da N.Y. si trasferirono nella Wyoming Valley negli anni 20, allontanando le costose organizzazioni dei lavoratori della città. Essi trovarono tanti lavoratori non organizzati e disoccupati ed anche mogli e figli. Jhon Sciandra di Buffalo, si sposò con Giuseppina Mancino, il 30 gennaio 1931. Nel novembre dell’anno seguente la coppia si trasferì a Pittston. Mentre il fratello maggiore Andrea rimase a Buffalo i loro genitori, Angelo e Leonarda, e i giovani Gasparino e Giacomo si trasferirono pure a Pittston. Un bambino nacque a Giovanni e Giuseppina Sciandra nel 1924. Nel rispetto delle tradizioni siciliane, essi chiamarono il figlio Angelo, in onore del nonno paterno. Rosario Bufalino di Buffalo si sposò con Carolina Sciandra nel 9 agosto del 1928. Essi si trasferirono nella Wyoming Valley nel 1940.

                 LOTTE OPERAIE

Le compagnie delle miniere di antracite e i loro lavoratori organizzati ebbero, in generale, relazioni contrastanti, durante le due decadi del 1902 che causò il crollo della produzione per quasi tutto l’anno. I minatori si astennero dal lavoro nel 1906 e quasi due mesi nel 1912. Un minacciato sciopero del 1920 venne bloccato per ordine del Presidente USA Woodrow Wilson, ma in ogni caso dopo manifestazioni violente. All’inizio dello sciopero il detective Sam Lucchino parente acquisito di Stefano La Torre, venne assassinato. La polizia arrestò due uomini: Pietro Erico e Antonio Puntario, che si credeva fossero stati chiamati dal New Jersey, per eliminare Lucchino. Un rivale politico di Lucchino, Calogero Consagra, si credeva che avesse promesso ai pistoleri 35 mila dollari per l’assassinio. Erico e Puntario vennero condannati alla pena di morte e giustiziati sulla sedia elettrica. La sentenza venne eseguita il 25 settembre 1922 nel penitenziario di Rockview. Pa. Durante lo sciopero un certo numero di abitazioni di italiani a Pittston vennero colpite da bombe. La famiglia di Stefano la Torre venne bersagliata in ben due attacchi. Una carica di dinamite esplose nella casa di La Torre al 175 di Royal Road St, ai primi di settembre del 1920, una settimana dopo, un condominio della South Main St. La figlia di La Torre occupava una suite in questo edificio. La violenza continuava nei mesi seguenti quando un emergente Leader dei lavoratori Rinaldo Cappellini prese il controllo UMW- America della regione. Cappellini, un alleato di Volpe e La Torre, salì al potere con l’aiuto di James Joyse di Pittston. Subito dopo Cappellini e Joyce diversificarono la loro posizione con Joyce che adottava una gestione più conciliante. I due uomini si accusarono vicendevolmente di avere avuto ricompense illecite da parte delle compagnie carbonifere(probabile che lo fossero tutti e due). Cappellini fu costretto ad ammettere di avere ricevuto 10mila dollari dalla Pa. Coal, ma egli dichiarò che si trattava di un risarcimento danni per un incidente di 15 anni prima, che gli aveva causato la perdita di un braccio.

                

Il 16 gennaio 1921 la casa ed il negozio di Joyce vennero distrutti di prima mattina, l’esplosione buttò giù il fronte dell’edificio e fece crollare una parte della fondazione. Diverse case del vicinato subirono danni però Joyce non subì danni.

              

Il governatore della Pennsylvania fece dei passi per risolvere le dispute nel 1922-23. A conclusione di questi accordi, nell’estate del 1925, vi fu, tuttavia, un crollo della produzione di antracite. Gli operai non erano proprio a terra per fare delle concessioni. La competizione tra le compagnie minerarie, la sovrapproduzione e lo sviluppo di oli meno costosi come combustibili alternativi, avevano fatto crollare il prezzo del carbone e i profitti per gli industriali. Le più grandi compagnie, quelle impegnate nelle estrazioni profonde, preferirono dare le miniere in affitto ad altri. Alcune compagnie ridussero la produzione fermando gli operai nella speranza che la scarsezza avrebbe fatto aumentare il prezzo al mercato. I lavoratori fecero numerose richieste, incluso il "Check-off", attraverso il quale quanto dovuto all’unione veniva dedotto dalla busta paga; un dollaro al giorno di aumento; e il 10% di aumento del tasso d’uscita; equalizzazione della produzione nella regione mineraria e la fine del subappalto. L’accordo venne raggiunto dopo 164 giorni di sciopero e un costo stimato di un miliardo di dollari. Molte delle richieste rimasero irrisolte.

     Guerra civile all’interno della UMW

Ciccio Agati ebbe un ruolo importante nel N.E. Pennsylvania durante la metà degli anni 20. Egli fu un organizzatore della UMW in modo informale serviva da guardia del corpo e manforte per Cappellini Presidente del popoloso Distretto 1. Segretamente e quindi illegalmente Agati serviva come partner silenzioso di Volpe e La Torre nella Compagnia mineraria, assicurando che la compagnia non avesse problemi con i lavoratori. Alla fine del 27 una fazione anti Cappellini emerse all’interno dell’ UMW.

Questa fazione diretta da Alex Campbell membro della direzione internazionale dell’Unione, fu capace nel gennaio del ‘28, di mettere sotto controllo il Local 1703 in cui lavoravano operai di sei miniere della PCC. La Compagnia PCC fece in modo che in queste sei miniere si riducesse la produzione dell’antracite. L’amministrazione in difensiva di Cappellini cercò di eliminare Campbell nel tentativo di riportare gli operai nella Unione. Il conflitto tra le due parti diede luogo ad attentati dinamitardi alle abitazioni e ad omicidi.

Il 19 gennaio il nuovo tesoriere del Local 1703 Thomas Lillis venne assassinato in un agguato mentre tornava a casa da una riunione dell’Unione. Lillis era Leader nel movimento riformista di Campbell, venne colpito da 5 proiettili.

Il 16 febbraio 1928 la polizia ricostruì l’omicidio di Giuseppe Cicero, avvenuto nel West Wyoming Pa. Cicero venne trovato con la gola tagliata. Ernesto Cassico e Samuele Savoca, figlio adottivo della vittima, venne arrestato, destando meraviglia, in quanto Samuele era un uomo di fiducia di Cicero.

Lo stesso giorno 3 uomini di Campbell (il Presidente della Local 1703 Samuel Bonita, Stefano Mendola e Adam Moleski ) fecero visita al quartiere generale dell’Unione di Wilkes Barre, per incontrarsi con il membro del direttivo della UMW Augusto Lippi. Bonita chiese l’assistenza di Lippi per riaprire i negoziati per le 6 miniere. Franco Agati, interruppe la riunione scambiando insulti con Bonita e subito dopo, passarono alle pistolettate. Agati cadde mortalmente, Bonita, Mendola e Moleski scapparono. Il giorno dopo Bonita venne fermato dalla polizia e arrestato non appena fu dentro la stanza del giudice. Le autorità inizialmente ritenevano che gli omicidi fossero slegati tra di loro, ma poi questa ipotesi venne scartata.

Il 18 successivo "Big Sam" Grecio, un leader riformista del UMW e cognato dell’ultima vittima Giuseppe Cicero ebbe teso un agguato da uomini armati e colpito a morte. Grecio e la moglie erano di ritorno da una visita alla famiglia di Cicero, quando due uomini saltarono fuori dall’ombra. Uno bloccò Grecio e lo tratteneva mentre l’altro gli sparava. Moribondo, nel letto dell’ospedale, Grecio mandò a chiamare Alex Campbell e disse, al leader della fazione riformista:"Stanno venendo anche per te, caro amico, stai molto attento". Il preavviso divenne una realtà appena dieci giorni dopo. La sera del 28 febbraio il 55 enne Campbell e il segretario locale dell’Unione Pete Reilly (Pete Saudargas), di 22 anni, andavano assieme verso casa avendo assistito alla conferenza dell’Unione, assieme alla polizia, in merito all’eccidio di Franco Agati. Non appena il veicolo che trasportava i due uomini raggiunse la casa di Campbell, un’altra macchina si mise di traverso, uomini armati aprirono il fuoco con pistole e revolver. Le indagini conclusero che il doppio omicidio venne commesso da professionisti giunti da fuori regione. Voci li collegavano a Vincenzo Damini che era scappato a New Orleans. Seguendo gli omicidi di Campbell e Reilly, il sindaco di Pittston scrisse una lettera di aiuto al Presidente della UMW d’America:

 

"Le fazioni ostili della locale organizzazione hanno creato una situazione di terrore poiché sono accaduti con frequenza attentati dinamitardi, omicidi e tentati omicidi. Due leader emergenti del sindacato minerario sono stati assassinati a sangue freddo nel cuore della città la scorsa sera. La nostra città è in preda al terrore e all’agitazione.

La causa di questa sanguinosa faida o vendetta è nota alle persone accorte nella regione mineraria. Questa disgraziata e tragica situazione è attribuita direttamente alle ostilità che esistono tra i responsabili delle miniere, gli appaltatori, i capi dell’Unione dei lavoratori e i nuovi Leader emergenti collegati con la Compagnia mineraria (PCC). La gente crede che voi stesso, il Presidente dell’Unione distrettuale Cappellini e il capo della Compagnia mineraria PCC, potete mettere fine a queste ostilità e chiudere questa campagna criminale, se poi vi mettete assieme e fate un grande sforzo per sedare questi contrasti."

In una affollata aula di giustizia a Wilkes- Barre l’11 di aprile Sam Bonita ammise di avere ucciso Franco Agati. Tuttavia Bonita sosteneva che si trattava di legittima difesa. Diceva che Agati aveva sparato il primo colpo. Steve Mendola e Adam Moleski, accusati di essere complici, confermarono la versione di Bonita. Un perito balistico chiamato dalla difesa confermava che un proiettile di calibro diverso da quello esploso da Bonita era stato ritrovato in un muro del quartier generale dell’Unione. Quel proiettile, sosteneva l’avvocato della difesa, era quello sparato da Agati. Il collegio giudicante Bonita restò riunito 43 ore per trovare il modo di accusarlo di omicidio volontario. Il giudice raccomandò una sentenza mite. I giornali erano simpatizzanti per Bonita e per la revisione del processo:

"Gli emergenti hanno duramente combattuto il sistema contrattuale delle miniere della PCC di Pittston contestando gli appaltatori che erano diventati ricchi con lo sfruttamento dei minatori e che le condizioni contrattuali locali erano in contrasto con i criteri del contratto nazionale e che tale sistema era permeato di corruzione."

Di fronte a questa crescente opposizione Cappellini rassegnò le dimissioni da Presidente dell’UMW Distretto n.1, a partire dal 1 giugno 1928.

John Boyland, eletto in sostituzione, si impegnò a porre fine al sistema del contratto minerario che sosteneva fosse una maledizione per l’industria. A dispetto di questi buoni propositi il sistema rimase in vigore fino alla chiusura delle miniere della Wyoming Valley.

Nel 1929 la Compagnia mineraria guidata da Santo Volpe, Stefano la Torre e Calogero Bufalino si sciolse. Quello che in un primo momento sembrava essere stato causato dalla elezione di Boyland può essere stato, invece, a causa del dissesto finanziario subito da Stefano La Torre a causa del crollo della Borsa e gravi discordie tra gli Uomini di Montedoro riguardo l’uccisione di Campbell e Reilly:

" Io credo che gli sviluppi dell’accordo della società di Volpe, La Torre e Bufalino, ha subito un grave colpo per il mancato, da parte di La Torre, risarcimento a favore di Campbell e Reilly. Un informatore disse che la colletta fu organizzata da qualcuno "dell’organizzazione" e quando La Torre rifiutò di pagare la sua quota, Volpe e Bufalino dovettero partecipare con una quota maggiore. L’informatore dichiarò che questo fu l’inizio della lite tra La Torre e gli altri due."

A dispetto di avere pagato una loro quota per avere pagato il sicario, sembrava che Volpe avesse ricevuto un grosso beneficio dall’accordo sindacale. All’inizio del 1930 si trasferì dalla casa di Main Str. nella nuova casa da 20 mila dollari al casa Wyoming nel quartiere di West Pittston.

        GLI OMICIDI CONTINUANO

Alle otto di sera del 4 gennaio del 1931 Calogero Calamera stava passeggiando lungo la Rail Road Str. quando due uomini lo assalirono. Uno tirò fuori una pistola e sparò sei colpi, Calamera cadde ferito a morte. Calamera, un altro nativo di Montedoro, da molto tempo residente a Pittston arrivato nell’estate del 1903 dopo la traversata dell’Atlantico. Calamera lavorava come minatore ed ebbe molta influenza nella locale UMW. Periodicamente tornava in Sicilia dove la moglie Maria Campanella e i suoi figli continuavano a vivere. Il suo ultimo viaggio verso il suo vecchio paese era avvenuto pochi giorni prima dell’omicidio, attraverso N.Y. il 30 dicembre del 1930.

Calamera visse abbastanza per rivelare alla polizia che il locale mafioso Tony Morreale gli aveva sparato, probabilmente per ordine di Santo Volpe e Calogero Bufalino. Non è noto se Calamera ha fatto parte della mafia di Montedoro, ma i suoi stretti rapporti con i membri sembrò evidente con la sua dichiarazione in punto di morte.

Calamera non identificò mai il secondo uomo coinvolto nel ferimento. La polizia sospettava che Joseph Barbara avesse aiutato il Morreale. La polizia arrestò Morreale con l’accusa di omicidio e Barbara per sospetto. Calamera incluse Barbara tra quelli che avevano un alibi, però sembrò chiaro che Barbara non fosse estraneo all’attività criminale. Calamera sosteneva che al tempo dell’omicidio di Pittston egli si trovava nella località di Old Forge impegnato in una distilleria di alcool gestita dallo stesso. Senza ulteriori elementi contro Barbara la polizia fu costretta a rilasciarlo.

Il 2 marzo avvenne un altro omicidio. Salvatore Licata membro della UMW facente capo alla fazione gestita da Campbell e amico di Calogero Calamera, fu ucciso mentre tornava, una sera, a casa dalla sala bigliardo di Pittston. La polizia trovò il suo corpo senza vita di fronte alla casa di Sam Lucchino. Licata era stato colpito da 5 colpi al petto, all’addome e alle spalle. Vi fu il sospetto che Licata fu assassinato per avere informato la polizia sul ruolo avuto da Little Jimmy Damini nell’omicidio di Alex Campbell.

      FUORI DALLA PENNSYLVANIA

Mentre gli uomini di Montedoro stavano sistemando i loro affari con la fazione contrastante di Campbell in seno alla UMW di Pittston, la mafia di N.Y. e delle altre maggiori città era impegnata nella lotta interna conosciuta come Guerra Castellamarese. Il boss dei boss Giuseppe Masseria di N.Y. e i suoi alleati di Chicago, Cleveland e Detroit, erano in guerra contro i mafiosi di Castellammare e i loro alleati.

Masseria era stato accusato di avere abusato della sua autorità. Invece di essere l’arbitro delle dispute tra le varie famiglie mafiose degli USA, Masseria si era mischiato all’interno degli affari criminali delle famiglie e aveva ordinato gli omicidi nelle famiglie avversarie.

Nell’aprile del 1931 Masseria venne assassinato da qualcuno dei suoi luogotenenti, come conseguenza ci fu la pace con il capo dei castellamaresi Salvatore Maranzano. Charlie Luciano e Vito Genovese presero il posto di Massaria nella famiglia di N.Y..

Maranzano prese la posizione di capo dei capi, finché a causa del suo abuso di potere venne assassinato meno di sei mesi dopo.

In una riunione, nell’autunno del 1931, si decise di sostituire il singolo capo con un gruppo di sei capi mafia nota come la Commissione. Il nuovo sistema collegiale fece la sua prima sfida nell’estate del 1932. Il capo mafia di Pittsburgh John Bazzano aveva organizzato l’assassinio di tre più importanti capibanda napoletani nel West Pennsylvania. Vito Genovese, il più influente dei mafiosi napoletani della zona, accusò Bazzano di rispondere del crimine prima che si facesse un’assemblea a Brooklyn. Il corpo morto di Bazzano, trafitto da numerosi colpi di aste appuntite, all’interno di un grande sacco di juta fu trovato l’otto agosto del 1932.

Saputo della presenza di tanti mafiosi fuori sede, la polizia fece numerosi perquisizioni negli hotel di Brooklyn e Manhattan. Arrestarono 14 uomini accusandoli di avere partecipato all’assassinio di Bazzano. Santo Volpe di Pittston ed il suo luogotenente mafioso Angelo Polizzi di Dunmore, Pennsylvania, furono due degli accusati. Questo gruppo includeva anche i mafiosi Albert Anastasia, John Oddo, Cassandro Bonasera, Ciro Gallo e Joseph Traina di Brookyn. Calogero Spallino, Michele Bua, Franck Adrano, Michele Russo di Pittston. Paolo Palmeri di Niagara Falls, Salvatore Di Carlo di Buffalo, Pietro Lombardo di Trenton N.J.. I sospettati vennero trattenuti per molti giorni mentre la polizia e gli accusatori studiavano come risolvere il caso. Le prove mancarono e i 14 vennero rilasciati.

                          IL CONTRABBANDO

Durante il periodo del proibizionismo le attività legate alla fabbricazione degli alcolici ebbero meno risonanza rispetto a quello sanguinoso legato al controllo delle attività minerarie del Nord Est del Pennsylvania. Tuttavia, un numero di incidenti metteva in evidenza che l’alcool di contrabbando entrava e usciva dalla regione in gran quantità.

A metà gennaio del 1931 la polizia della Pennsylvania fermò un trasporto sull’autostrada tra Wilkes Barre e Pittston. All’interno del veicolo furono trovate 200 contenitori da 5 galloni. L’autista del camion era Mannie Kline di N.Y.C. ed un certo Morris Okom di Brooklyn. Il mezzo apparteneva alla Compagnia di autotrasporto Aywon di Brooklin. Kline e Okon vennero arrestati e il mezzo e il carico venne confiscati dalla polizia.

L’ultimo anno di proibizionismo gli uomini di Montedoro subirono il furto di un carico di whiskey appartenente a Santo Volpe. L’autore del furto era un piccolo contrabbandiere, Sam Wichner, residente a Lee Park vicino a Wilkes Barre. Il giorno di San Valentino del 1933 Wichner fu convocato ad un incontro a casa di Joseph Barbara a Endicott N.Y. in quanto sembrava che fosse il mandante del furto. Alla discussione erano presenti assieme a Barbara, Santo Volpe e Angelo Polizzi, in merito all’attività di contrabbando. Wichner fu invitato a tornare la sera seguente senza fare parola a nessuno. La sera del 16 febbraio il corpo di Wichner venne trovato impacchettato in un auto parcheggiata in una strada di Scranton. Una corda era stretta al collo e l’altra estremità era legata alle ginocchia sollevate. Wichner si era strangolato da solo nel tentativo di liberarsi.

Avvisati dalla moglie di Wichner, del recente incontro, la polizia arrestò Barbara e Polizzi. Gli investigatori scoprirono che un testimone aveva visto 3 uomini lasciare l’automobile parcheggiata ed andare via con un'altra auto. Tuttavia il testimone non aveva potuto identificare né Barbara, né Polizzi che, quindi, vennero rilasciati.

Nel gennaio del 1941, molti anni dalla fine del proibizionismo, Stefano La Torre venne arrestato per violazione della legge sugli alcolici. L’ufficio di controllo degli alcolici fece una ispezione in una distilleria della città di Harding Pa. gestita da La Torre il quale fu accusato per possesso illegale, manifattura e trasporto di alcool. L’accusa decadde il 3 novembre, tuttavia La Torre fu costretto a pagare le tasse sulla distillazione. Ebbe sospesa una pena di 3 mesi e una multa di 100 dollari.

 

          LA TORRE FUORI GIOCO

La Torre inizio a perseguire i propri interessi distaccandosi dagli uomini di Montedoro a metà del 1930. Diversi fatti lo portarono ad allontanarsi dalla società criminale. Questo era stato determinato dalla differente visione nella gestione delle fazioni minerarie e a causa dei debiti accumulati da Volpe e Bufalino durante la gestione successiva alla scomparsa di Campbell e Rilley.

I rapporti si deteriorano ulteriormente quando John Sciandra tentò di persuadere uno dei figli di La Torre a dargli aiuto nel picchettaggio dei lavoratori dell’unione al pozzo di Schooley. La Torre impedì che il figlio partecipasse.

La Torre divenne uno dei proprietari di una piccola società di carbone, Saporito, nel 1938. Il fondatore della società Carlo Saporito si associò a La Torre in modo da avere una protezione contro Volpe, Bufalino e Sciandra. Quindi Saporito lasciò l’attività mineraria del pozzo di Schooley per andarsene alla PCC. Alcuni anni dopo La Torre aprì una sala bigliardo e un negozio di tabacchi nella via principale di Pittston. Intorno al 1940, Santo Volpe che di fatto gestiva la Volpe Coal Co., anche si allontanò dalla mafia regionale. A 60 anni di età, il personaggio che era conosciuto come "il re della notte" girò il controllo della famiglia criminale a John Sciandra. Volpe emerse dall’ombra e divenne una importante figura nell’industria nazionale mineraria carbonifera e nella politica dello stato. Il governatore Artur James era uno che aveva fatto breccia nella gestione mineraria della Contea di Luzerne, uno dei fautori del "laissez-faire" negli affari, raccomandò Volpe per il Comitato di 9 uomini (Anthracite Emergency Committee). Volpe fu uno dei tre operatori minerari rappresentati nel comitato che aveva lo scopo di rivalutare l’industria.

Durante la seconda Guerra mondiale si adoperò, come operatore minerario, a negoziare a N.Y. con i rappresentanti della UMW per porre fine ad una situazione di crisi.

Per porre fine ad un grande periodo di scioperi dei lavoratori del carbone, i quali avevano bloccato la produzione dell’acciaio e rallentato i trasporti ferroviari. Il Presidente F. Roosevelt impiegò i poteri di emergenza in tempo di guerra. Il 1 maggio 1943 ordinò il sequestro federale di tutti i campi minerari dell’Est degli USA e obbligò i minatori a riprendere il lavoro. Il Presidente stabilì che sarebbero andati sotto le armi tutti i minatori che si fossero assentati dal lavoro. L’UMW continuò sporadicamente gli scioperi al solo scopo di ottenere aumenti salariali. I gestori minerari e i rappresentanti dei minatori vennero chiamati a regolare le loro controversie sebbene le regole federali in tempo di guerra proibivano aumenti salariali. Quando i principali operatori del settore vennero chiamati ad un incontro con il Presidente Roosevelt a Washington, nel maggio del 1943, Santo Volpe e F.W. Leamy Sr. Della Hudson Coal Co. Di N.Y. si sedettero al tavolo dei negoziati.

Gli scioperi cessarono nel giugno del 1943 con una modifica dei regolamenti. Storicamente il tempo di lavoro era calcolato a partire dal momento in cui gli operai raggiungevano il carbone nella profondità dei pozzi e tunnel. Il negoziato permise di considerare l’inizio dell’orario e la fine dell’orario di lavoro dall’ingresso all’uscita della miniera, permettendo così ai minatori di essere compensati per il tempo impiegato per entrare ed uscire dalla miniera.

Volpe e La Torre smisero la loro attività mineraria nel 1943: Volpe volontariamente, La Torre no. Volpe vendette la sua ditta omonima alla compagnia Jermyn-Green Coal Co.(Egli rimase proprietario della Gateway Coal Co. Fino alla morte).

La Torre fu messo fuori dalla Saporito Coal Co. A seguito delle manovre di John Sciandra, il quale ritenne come missione personale recuperare tutti i fondi di La Torre che riteneva appartenessero a Volpe-Bufalino. Sciandra divenne una forza di controllo della compagnia che venne ribattezzata come Knox Coal Co.

Sciandra rivolse la sua attenzione verso la sala bigliardi ed il negozio di tabacchi di La Torre. Egli citò La Torre nel tribunale mafioso nel 1944 presso lo Sterling Hotel in Wilkes-Barre. L’incontro comprendeva Sciandra, Santo Volpe, Angelo Polizzi, Joseph Barbara di Endicott e Angelo Parrino di Stamford Ct.

Parrino membro della famiglia criminale Luciano- Genovese di N.Y. con frequenza chiamava e visitava Stefano La Torre e probabilmente serviva da protettore occulto.

Durante il Meeting Sciandra sfidò La Torre a rivelare chi lo avesse autorizzato di aprire l’attività nella via principale di Pittston. Se l’attività fosse stata approvata da Parrino, sosteneva Sciandra, allora Parrino avrebbe avuto la sua parte di profitto. La Torre si infuriò a causa delle domande che aveva fatto Sciandra. Si allontanò dal Meeting dicendo a tutti : "andate all’inferno". Dopo quell’incontro La Torre non ebbe più contatti con la mafia di Pittston. Parrino forse si era convinto che fosse stato usato da Sciandra, e continuò a mantenere le sue relazioni con La Torre. Le telefonate e le visite tra La Torre e Parrino continuarono per decenni.

 

               L’ASCESA DI BUFALINO

Vito Genovese trascorse in Italia il periodo della seconda guerra mondiale, accusato di omicidio negli USA. Alla fine della guerra Genovese collaborò con l’esercito americano di occupazione come traduttore e allo stesso tempo faceva il mercato nero. Nell’agosto del ‘44 il traffico clandestino venne alla luce e venne arrestato. Preso in custodia dall’esercito venne rimpatriato negli USA a bordo della nave James Lykes nel maggio del 45; giunse a N.Y. il primo giugno. Il procedimento a carico di Genovese per omicidio divenne impossibile poiché il testimone chiave era morto in prigione a causa di overdose. Genovese venne liberato il 10 giugno.

Il 24 giugno 1946 i capi mafia dell’area Est degli USA si incontrarono all’hotel Diplomat di Manhattam per dare il ben tornato casa a Genovese. Il ritorno di Genovese mise in discussione la posizione di Santo Volpe come membro anziano dell’associazione clandestina ed allo stesso tempo i rapporti tra Genovese e la famiglia della Pennsylvania.

                                  

"Ventotto personaggi della Est Coast erano seduti attorno ad un tavolo rettangolare e si alzarono non appena Genovese fece l’ingresso. Santo Volpe, boss di Pittston andò incontro a Genovese, scambiarono una stretta di mano. Volpe porse a Genovese una poltrona di pelle a capo tavola. Il protocollo mafioso riteneva che essendo Volpe il più anziano doveva dare il benvenuto a Genovese.

                                 

Mentre Volpe era tenuto in grande stima dai suoi colleghi, il comando quotidiano era stato affidato a elementi più giovani. Dopo la morte di John Sciandra, avvenuta intorno al 1949, Russell Bufalino, divenne la figura più importante della mafia di Pittston. Volpe serviva nel ruolo di rappresentanza e Bufalino venne chiamato il "proiettile".

Bufalino visse lontano da Pittston rispetto ai precedenti capi degli uomini di Montedoro. Dopo aver vissuto per un periodo ad Endicott N.Y. e Pittston lui e la moglie si erano sistemati in un sobborgo di Kingston Pa. Mentre l’autorità degli Usa lo consideravano un capo mafia "potente e straniero", Bufalino teneva il ruolo di dirigente dell’industria dell’abbigliamento. Egli ebbe parte nella Società Penn Drape & Curtaim Co. Di Pittston, Alaimo Dress Co. Ed altre fabbriche di abbigliamento.

 

             Corruzione implacabile

La corruzione nell’area mineraria del Nord Est della Pennsylvania continuò per tutti gli anni 50. John S. Fine, figlio di un minatore e per lungo tempo leader della politica repubblicana della contea di Luzerne, vinse le elezioni come governatore nel 1950. Vittoria di stretta misura rispetto al riformista democratico Richardson Dilwrth dovuto alla politica conservatrice repubblicana. Sebbene sostenuto da Santo Volpe e dai suoi alleati Fine non ebbe i voti della base della comunità mineraria di Pittston, Scranton e Wilkes –Barre.

Il governatore Fine restò solidale con gli interessi delle compagnie minerarie, in particolare con la Newport Excavating Co. di Nanticoke, una zona mineraria gestita da Lawrence Biscontini. Santo Volpe risultò vicepresidente di questa Compagnia.

Fin dall’inizio del suo mandato di governatore, Fine lavorava con Biscontini e Santo Volpe per escogitare un sistema attraverso il quale la società Newport Excavating avrebbe evitato di pagare le tasse gonfiando in modo artificioso i ruoli paga. Il gonfiaggio dei ruoli paga continuò al termine del mandato di Fine e per altri 4 anni ancora.

La Knox Coal Co.,fondata dall’ultimo John Sciandra, era coinvolta in pratiche illegali. Nel 1950, Augusto Lippi, allora Presidente del Distretto 1 del UMW e Presidente del comitato esecutivo della First National Bank di Exeter, in modo illecito divenne socio della Knox Coal Co..

Nel 1956 Lippi ricevette grossi pagamenti in contante per assicurare un lavoro tranquillo. Domenico Alaimo, un altro dirigente della UMW, ricevette pagamenti contanti sottobanco. Le sue piccole ricompense illecite dalla Knox Coal perdurarono fino al 1954. Esse continuarono su base bisettimanale fino al 1959.

Non appena il governatore Fine lasciò il suo incarico nel 1955, la Newport Excavating Co., iniziò un progetto di rinnovamento per 62 mila dollari nella azienda casearia dello stesso in Loyalville Pa. La compagnia, sotto la direzione di Biscontini, costruì un’area per il Pic nic e uno stagno per la pesca e fece dei miglioramenti nella foresteria e nei bagni della casa.

Fine divenne socio della Newport Excavating non appena tornò a fare attività legale in Wilkes Barre. La Newport Excavating lo inserì nel consiglio generale con un salario di 25 mila dollari all’anno.

 

                        APALACHIN

Russell Bufalino evitò l’attenzione della legge fino al 1957 in cui si tenne l’incontro organizzato da Stefano Maggaddino nella tenuta di proprietà di Giuseppe Barbara.

Vi era una grande confusione nella mafia degli USA nel 1957. Il dittatore cubano Batista, protettore degli investimenti della mafia legati al gioco d’azzardo e del traffico dei narcotici, fece fronte alle crescenti minacce del rivoluzionario Fidel Castro. Gli interessi stabiliti a Cuba con Batista continuarono anche dopo con trasporto segreto di armi a Castro. Luciano, successore di Frank Costello, sopravvisse ad un tentato omicidio nel mese di maggio e decise di ritirarsi nella sua famiglia criminale di N.Y. passando il comando a Vito Genovese. L’ambizioso boss mafioso Alberto Nastasia (con investimenti nel settore dell’industria dell’abbigliamento nel Nord Est della Pennsylvania e il suo vice Frank Scalise vennero assassinati, così che Carlo Gambino prese il controllo della loro organizzazione. Un altro boss di N.Y., Giuseppe Bonanno, tornò in Sicilia, nel mese di settembre, per lavorare con la mafia del vecchio mondo, nell’organizzare un traffico internazionale di contrabbando di narcotici.

           

Vito Genovese organizzò una riunione in modo da imporre definitivamente se stesso ed il suo alleato Gambino come boss della famiglia criminale ed eliminare i conflitti che erano venuti fuori durante l’anno. Stefano Maggaddino venne avvicinato per organizzare l’incontro. Egli decise che si sarebbe tenuto nella villa di Barbara, il quale aveva ospitato una riunione della malavita l’anno precedente.

Tenere la riunione ad Apalachin risulterà un errore. Il sergente della polizia di stato di N.Y. Edgar Croswell, in servizio a Vestal, si era reso conto del Meeting del 1956 come anche della connessione con l’organizzazione criminale di Barbara. Così, quando seppe che Barbara era in attesa di ricevere compagnia, nel novembre del 1957, tenne sotto controllo la sua casa. Nel mattino del 14 novembre, Croswell notò la presenza di un gran numero di auto di lusso nella villa di Barbara, molte con targhe di altri stati. Egli chiamò la polizia di stato e del dipartimento del tesoro federale per organizzare un posto di blocco.

Nel primo pomeriggio, i mafiosi presenti nella villa di Barbara seppero della presenza delle forze dell’ordine, ed istintivamente si dileguarono. Alcuni si sparpagliarono nei boschi e nelle fattorie attorno alla villa. Altri saltarono sulle automobili nel tentativo di raggiungere l’autostrada. La polizia catturò la maggior parte degli uomini che si erano spostati a piedi e fermarono le auto che lasciavano la villa.

                                

La prima auto fermata dal posto di blocco fu di poco interesse per la polizia.

Vi era un vecchio amico di Barbara, Emanuele Zicari di Endicott ed un uomo del racket dell’UMW Domenico Alaimo di Pittston. Nell’auto successiva fecero centro. Nell’auto "1957 Chrysler Imperial", la polizia trovò Russell Bufalino, il capomafia del N.J., Vito Genovese, Gerardo Catena, Giuseppe Ida e Domenico Oliveto.

La polizia elencò circa 60 mafiosi provenienti da tutte le parti. Nessuno diede una ragionevole spiegazione sul fatto di trovarsi nella villa di Barbara.

Visto che non avevano alcuna giustificazione per trattenere i mafiosi la polizia fece dei controllo sui loro precedenti prima di rilasciarli. Nessun arresto venne eseguito, ma l’evento di Apalachin fu di enorme danno per la malavita. Ufficiali di polizia, deputati dello stato e federali e l’opinione pubblica in generale, divennero coscienti istantaneamente che l’organizzazione criminale delle varie regioni della nazione coordinavano le loro attività a livelli nazionale.

Molta della conseguente attenzione venne concentrata sulla malavita di Apalachin N.Y. e sulla mafia della vicina area del Nord Est Pennsylvania.

 

    LE CONSEGUENZE DI APALACHIN

Ai primi del 58, alcuni quotidiani pubblicarono la notizia riguardante l’influenza della malavita organizzata nel Nord Est della Pennsylvania conosciuta come "Gli Uomini di Montedoro". La notizia venne ripresa da tutti i giornali della nazione, affermavano che il gruppo era molto potente nel Nord Est della Pennsylvania e a N.Y. e aveva una grande influenza in tutti gli altri stati USA.

Il capitolo mafioso degli uomini di Montedoro fu iniziato all’inizio del 900 dalle famiglie La Torre, Sciandra, Volpe e Bufalino che furono le prime famiglie di Montedoro a sistemarsi a Brandy Patch. Questi primi arrivati divennero molto influenti e ricchi, divenendo appaltatori minerari e anche proprietari impiegando uomini per i quali stabilivano il salario.

Secondo certi giornali gli uomini di Montedoro furono responsabili di molte estorsioni negli USA e anche raggiunsero su uno yacht il N.J. nel settembre del ‘57 per eseguire l’omicidio di Albert Anastasia.

Un gran numero di indagini, federali e statali, vennero promosse come conseguenza della conferenza di Apalachin e della relativa grande pubblicità. Queste indagini continuarono per diversi anni.

Santo Volpe, re della notte di Pittston, non visse abbastanza per vedere la fine dell’indagine. Dopo una lunga malattia morì nella sua casa di West Pittston il 2 dicembre del 1958.

Nel mese di maggio del 1959, gli agenti federali dell’antinarcotici presero 27 dei presenti alla riunione di Apalachin e li accusarono di associazione a delinquere. Russel Bufalino, boss criminale del Nord Est di Pennsylvania, uno dei 27, fu accusato di ostacolare la giustizia alterando gli scopi della riunione di Apalachin al gran giurì e agli altri organi investigativi. Trentasei altri mafiosi vennero indagati come associati.

Qualche giorno dopo questi arresti il 53 enne Joseph Barbara ebbe un serio attacco cardiaco. Venne portato all’ospedale a N.Y. e mai dimesso. Morì il 17 giugno 1959.

Ventidue degli indagati vennero rinviati a giudizio nell’ottobre del 1959. Quattro degli originali 27 non vennero individuati dalla polizia e Joseph Bonanno fu escluso dal gruppo a causa delle condizioni cardiache. Non appena si aprì il processo il mafioso dell’Ohio

John De Marco subì un attacco cardiaco e venne escluso dal processo.

Il giudice Kaufman stabilì che non vi erano sufficienti prove contro il mafioso di Boston Frank Cucchiara e venne rilasciato. I restanti 20 accusati vennero giudicati il 18 dicembre. Il mese successivo il giudice Kaufman li condannò a 5 anni di prigione.

Il 28 novembre del 1960 si aprì il processo di appello con l’accusa di associazione sovversiva. La corte sostenne che gli accusati dovevano essere giudicati sia per associazione a delinquere tra di loro che per la loro personale condotta criminale, ma non ebbe le prove sufficienti per dimostrare lo scopo illegale della riunione di Apalachin.

Come conseguenza del clamore suscitato dalla riunione di Apalachin, l’ufficio immigrazione e naturalizzazione degli USA portò avanti dei controlli su coloro che avevano partecipato alla riunione di Apalachin.

Russell Bufalino, sostenne di essere nato a Pittston e sarebbe stato in grado di produrre il certificato di nascita come prova. Gli investigatori rifiutarono il documento come falso e ottennero una copia dell’atto di nascita del 1903 dal comune di Montedoro. La nascita a Montedoro venne confermata dai registri scolastici di Buffalo.

L’INS istruì la pratica di rimpatrio contro Bufalino sulla base di due false dichiarazioni di cittadinanza americana rese dallo stesso al suo rientro negli USA dopo un viaggio a L’Avana e a Bimini. (Ndt : Bufalino era sull’aereo per essere rimpatriato, ma l’ordinanza venne contestata dai legali in quanto nel certificato di nascita risultava chiamarsi Rosario Alberto Bufalino e non Rosario Bufalino come era scritto nell’ordinanza, e rimase negli USA).

 

     DISASTRO MINERARIO DI KNOX

Il 22 gennaio 1959 gli abitanti di Pittston vennero allarmati da un grande boato. Quelli che abitavano lungo il corso del fiume Susquehanna videro il fiume ghiacciato trasformarsi in un grande vortice.

La miniera della Knox Coal Co. scavata nelle vicinanze del fiume era crollata, permettendo a più di 10 milioni di galloni d’acqua di penetrare in un pozzo di 400 piedi. Settantaquattro minatori rimasero intrappolati all’interno. Sessantadue di loro vennero salvati. La restante dozzina mori. Nell’inutile sforzo di tappare il buco di 20 piedi nella base del fiume, gli addetti alla miniera precipitarono dentro vagoni ferroviari, autocarri della miniera, balle di fieno, legname da costruzione, terra e rocce nel vortice del fiume Susquehanna. Nessuno dei tentativi ebbe successo.

               

L’acqua del fiume riempì molte delle interconnessioni delle miniere di carbone nelle adiacenze di Pittston, bloccando la produzione di antracite.

Il disastro minerario causò la fine della estrazione in profondità nella Wyoming Valley. La Knox Coal Co., fondata 22 anni prima come Saporito Coal Co., fu messa fuori produzione.

Le indagini sulle cause del disastro rivelarono la corruzione ad alto livello ed una gestione negligente dell’attività. Secondo un resoconto, Stefano La Torre parlò francamente con gli investigatori riguardo la corruzione nella industria mineraria ed ammise i suoi trascorsi come membro della Mafia.(Un informatore della polizia non riuscì a spiegarsi come mai La Torre non fosse stato assassinato a quell’epoca ).

La normativa dello Stato proibiva gli scavi minerari a meno di 35 piedi dal fondo del fiume. Gli investigatori scoprirono che la compagnia diede istruzioni al personale di ignorare la restrizione mentre seguivano il filone verso l’alto. I minatori avevano cavato un blocco entro pochi piedi dal letto del fiume quando il tetto della miniera veniva giù sotto il peso dell’acqua.

I pagamenti in nero fatto ai capi della UMW venne facilmente alla luce. Il 3 Marzo, un gran jurì di Scranton indiziò Dominick Alaimo per avere accettato ricompense illecite per 4 anni e mezzo realizzando un guadagno di oltre 30 mila dollari. Il grand juri indicò la Knox Coal Co., il presidente della stessa Robert Dougherty ed il Vice Presidente Louis Fabrizio per avere fatto i pagamenti illeciti. Seguendo le accuse, la UMW annunciò il licenziamento di Alaimo dalla posizione di responsabile della sezione Locale 8005 di Scranton.

              

L’8 di Settembre, un gran juri della contea di Luzerne, accusò 7 persone per omicidio preterintenzionale per il disastro della miniera Knox. Gli accusati erano : il presidente in carica della Knox C.Co. Louis Fabrizio, il predecessore Robert Dougherty, Augusto Lippi presidente del distretto 1 della UMW, l’ingegnere capo della Knox Coal Co. Fritz Renner, Ralph Fries ingegnere di distretto della Pennsylvania Coal C, Robert Groves precedente sovrintendente della Knox Coal Co. ed il precedente assistente Foremen William Receski. Il gran juri accusò Fabrizio Dougherty e Lippi per associazione a delinquere.

Groves e Receski vennero processati per omicidio involontario, il 9 aprile 1960, nella città di Wilkes Barre. Il giudizio degli altri 5 accusati venne programmato per il mese successivo.

                                   

Prima che iniziasse il processo, il giudice federale di Willmington, nel Delaware, imputò il cinquantanovenne Augusto Lippi peri tre fatti di corruzione. Ogni capo era punibile fino ad un anno di detenzione e 10 mila dollari di multa. Il giudice apparentemente non credette alla difesa di Lippi (che i 10117 dollari che ricevette dalla Knox Coal Co. fossero pagamenti per un vecchio credito fatto a John Sciandra). La sentenza contro Lippi, per omicidio involontario, venne differita dal giudice Caleb Wright. (Lippi successivamente fece appello e vinse la nuova causa).

Dopo che l’accusa presentò le proprie prove nel caso dell’omicidio involontario, il giudice Carleton Woodring decise che le prove contro Fritz Renner e Ralph Fries erano lacunose. Il giudice rilasciò ambedue gli uomini. Il 13 luglio Lippi e Fabrizio vennero condannati per omicidio preterintenzionale. Robert Dougherty venne scagionato da questa accusa. I tre accusati vennero condannati per associazione a delinquere, i quali, assieme a Lippi, proprietario della Knox Co. non avevano riconosciuto i diritti dei minatori previsti dalla legge dello stato e dai contratti collettivi di lavoro della UMW.

Sette mesi dopo, la regione del Nord Est Pennsylvania restò sbalordita, quando le accuse di omicidio e associazione a delinquere vennero capovolte. Il giudice Woodring decise che gli imputati non dovevano essere caricati dei reati entro i due anni previsti dalla legge. Il giudice faceva notare che molte delle recenti violazione della legge statale sulle miniere non erano incluse nelle incriminazioni.

A gennaio del 1960, l’ultimo governatore Fine fu incriminato due volte per evasione fiscale. La prima accusa per un tentativo di evitare il pagamento delle tasse, per gli esosi lavori fatti dalla ditta Newport Excavatin Co. nella sua fattoria. La seconda accusa per avere evitato le imposte societarie durante i lavori con Albert Biscontini della Newport Excavating. Biscontini fu incriminato solo per questo secondo caso.

Se Santo Volpe fosse stato in vita sarebbe stato accusato di questo reato.

Fine evitò la punizione, un giudice lo trovò non imputabile di evasione fiscale per i miglioramenti nella fattoria. L’accusa federale fece cadere tutte le altre imputazioni.

Domenico Alaimo fu condannato, per avere accettato le mazzette, il 10 marzo 1961 a due anni di prigione e 7651 dollari di multa.

Nel 1964 il caso del disastro della Knox Mine giunse a conclusione. Il giudice Frederick Follmer condannò alla multa di 2000 dollari la signora Giuseppina Sciandra. La condannò anche a tre anni di libertà vigilata e ordinò che pagasse 39 mila dollari di tasse in scadenza. Giuseppina Mancino Sciandra era diventata socia della Knox Coal Co. dopo la morte del marito Giovanni Sciandra. Il giudice condannò Louis Fabrizio a 6 mesi di detenzione e 2000 dollari di multa.

                         

                     TEFLON DON ?

L’ufficio immigrazione e naturalizzazione continuò i suoi sforzi per l’espulsione di Rosario Bufalino durante il 1960 ed oltre. Furono capaci di ottenere l’ordine di espulsione per Bufalino ma egli rimase negli USA quando l’Italia rifiutò di permettere il suo ritorno.

Nel 1969 il sessantaquattrenne Bufalino fu trascinato davanti ad una Corte Federale assieme a Salvatore Todaro e Giovanni Sacco, soci della famiglia criminale di Buffalo, accusati di associazione a delinquere. Questi tre uomini vennero accusati di avere trasportato da Buffalo a Pittston, nella primavera del 1968, sessanta televisori a colori rubati per un ammontare di 25mila dollari. I televisori erano stati presi da un negozio di elettrodomestici. Cinquantanove di questi erano stati nascosti in una casa di Buffalo, dove gli agenti della FBI scoprirono pellicce e argenteria rubati. Quando il caso decadde, Bufalino andò presso la stampa con una storia di angheria da parte della legge. In una intervista dell’estate del 1970 Bufalino dichiarò che era un perseguitato dalla polizia e dagli agenti federali fin da quando era stato trovato ad Apalachin nel 1957.

"Io non voglio andare a vivere in Italia. Io ho 67 anni e mi rimangono pochi anni da vivere su questa terra. Non voglio diventare Presidente di questa nazione. Io voglio soltanto essere un americano libero di incontrarmi con gli altri, libero dalle intercettazioni telefoniche, che la polizia ha ammesso, libero di vivere la mia vita. Io non sono mai stato condannato per alcun crimine."

Bufalino, il quale raramente parlava con la stampa, diede un’altra intervista in una saletta privata dello Scranton Club "C&C", a metà aprile del 1973, quando venne preso in custodia dalla FBI. Egli fu uno dei 18 personaggi della malavita tra Buffalo, Rochester e Scranton ad essere arrestati con l’accusa di estorsione. L’atto di accusa fu riformulato, nel mese di maggio, e portò gli imputati a 24.

Bufalino fu citato in relazione a tre differenti fatti criminali. Egli ed altri 15 vennero accusati per associazione, per avere tenuto sotto controllo macchinette distributrici di sigarette con una associazione a delinquere con lo scopo di battere la concorrenza. Bufalino ed altri due vennero accusati per l’estorsione di 100 mila dollari al proprietario di Discount nella città di Geneva nello stato di N.Y. Il gran giurì accusò sei membri della famiglia criminale di Bufalino per furto a Brackney Pa. in due armerie. Ancora una volta Bufalino fu scagionato dalle accuse contro di lui.

                          

                                   HOFFA

Dal 1960, James Riddle "Jimmy" Hoffa, presidente della IBT, divenne un simbolo della corruzione nella Unione del lavoro. Hoffa aveva raggiunto una posizione d’importanza nell’Unione tramite l’uso di carte false create con l’aiuto dei mafiosi di N.Y. e l’illegale intercettazione telefonica dei concorrenti. Quando si assicurò il controllo dell’Unione, si collegò con individui mafiosi e fece confluire milioni di dollari dal fondo pensione della IBT ai mafiosi che operavano nei casino di Las Vegas.

Hoffa venne conosciuto per avere stretti rapporti con importanti mafiosi compreso Antony "Tony Pro" Provenzano della famiglia mafiosa di Genovese, Antony "Tony Ducks" Corallo e Johnny "Dio" Dioguardi della famiglia criminale di Lucchesi, e Russell Bufalino e Franck " The Irishman" Sheeran.

I primi tentativi di condannare il boss della Teamster per le malefatte fu inutile. Vi erano all’apparenza buone ragioni per le quali i giurati fecero pressione su Hoffa.

Nel 1962 fu condannato per tentativo di corruzione della giuria. Due anni dopo venne condannato per distrazione dei fondi pensione della Teamster. Alla conclusione degli appelli, Hoffa venne condannato a 13 anni di prigione, nel 1967. Quando Hoffa e Antonio Provenzano si trovarono insieme rinchiusi nella stessa prigione di Lewisburg Pa, i vecchi amici ebbero una terribile depressione. Il Presidente degli USA Nixon commutò la pena al cinquantottenne Hoffa a condizione che non assumesse incarichi di responsabilità nel sindacato fino alla primavera del 1980. A dispetto di questa condizione, Hoffa fu determinato a guadagnare il controllo dell’unione. Nell’estate del 1975 chiese un incontro con i rappresentanti della mafia nel tentativo di sistemare le controversie con Antonio Provenzano e chiarire il modo per tornare al comando. La malavita, tuttavia, fu d’accordo con il successore Frank Fitzsimmons e considerò Hoffa una minaccia. Si ritiene che Hoffa lasciò la sua casa nel lago Orion Mi. il 30 luglio 1975, con l’intenzione di incontrare il boss mafioso di Detroit, Antonio "Tony Jack" Giacalone, in un ristorante. Lui credeva di incontrare anche Russell Bufalino e Antonio Provenzano.

Hoffa non fece più ritorno a casa e nessuna traccia di lui è stata mai ritrovata.

Alla fine dell’anno gli investigatori ritenevano che i soci di Provenzano, Salvatore e Gabriele Briguglio e Tommaso Andretta, tutti del N.J., fossero coinvolti nella scomparsa di Hoffa. Voci persistenti indicavano che Russell Bufalino, come mandante, ordinò l’assassinio di Hoffa. Tuttavia non fu mai incolpato per l’organizzazione della scomparsa.

 

              VIAGGIO A DAMBURY

Un’altra accusa federale venne predisposta contro Bufalino, nell’ottobre del 1976. Questa volta l’accusa era di estorsione per il tentativo di recuperare 25 mila dollari di debito dovuto da un gestore di bar, Jack Napoli, ad un amico di Bufalino, Herbert Jacobs. Napoli aveva comprato dei gioielli da Jacobs a credito e si era rifiutato di pagare.

Jacobs, Bufalino, Michael Sparber di Manhattan e Giuseppe Lapadura di Brooklyn costrinsero Napoli al pagamento del debito con le minacce.

Non avendo riconosciuto gli estorsori, Napoli andò dall’FBI e si mise d’accordo per registrare un colloquio con Bufalino e gli altri. Da questa registrazione vennero rilevate le seguenti parole:" Sto venendo ad ammazzarti con le mie mani". Napoli entrò nel programma di protezione dei testimoni e rese testimonianze in tribunale.

I 4 accusati vennero condannati. All’età di 73 anni Bufalino ebbe la fedina penale macchiata. Il 21 ottobre 1977 fu condannato a 4 anni di prigione federale. Rimase libero su cauzione finché gli appelli non vennero celebrati. Bufalino entrò in prigione nell’agosto del 1978. Edoardo Sciandra cugino del Boss Giovanni Sciandra e consigliere della famiglia criminale all’apparenza scalò l’organizzazione criminale in assenza di Bufalino. Sciandra era nato a Montedoro e si era stabilito a N.Y.C. Successivamente si era spostato a Bellemore N.Y, a 160 miglia dalla famiglia criminale di base a Pittston.

A seguito della buona condotta Bufalino fu ritenuto idoneo a lasciare le prigioni di Dambury CT. l’8 Maggio 1981. Appena lasciato la prigione venne accolto dal personale della INS, i quali lo misero sull’avviso che egli era nella lista di osservazione e che i loro tentativi erano continui per estradarlo in Italia.

Bufalino tornò di nuovo nella corte federale nell’ottobre del 1981. Egli fu condannato per associazione sovversiva per il tentativo di assassinio del testimone federale Jack Napoli. Il testimone chiave del processo fu il mafioso Aladena "Jimmy The Weasel" Fratianno. Fratianno disse che Bufalino intendeva uccidere l’informatore, lo istruì a rintracciare Napoli, che si credeva essere stato trasferito dalle autorità federali a Walnut Crek, Ca.

Questa accusa fece condannare Bufalino a 10 anni di prigione. Entrò in prigione nel 1982 e venne rilasciato dopo sei anni e otto mesi.

 

              LA FINE DI LA TORRE

Sebbene egli avesse violato il codice della mafia opponendosi ai suoi superiori, in diverse occasioni, e parlato con le forze dell’ordine della società criminale, Stefano La Torre visse una vita estremamente lunga, a Pittston.

Nonostante le perdite La Torre rimase interessato al mercato della Borsa. Durante gli anni 70 egli giornalmente si recava nel suo ufficio di Broker a Wilkes Barre. Con l’avanzare degli anni La Torre ebbe, anche, altri interessi. Gli investigatori federali appresero che faceva delle frequenti visite in una casa di appuntanti con donne di mezza età a Wilkes Barre. La sera giocava a carte nel circolo C. La Torre di Pittston.

Il 13 giugno 1967 ebbe un serio incidente automobilistico e sembrava che non avrebbe più potuto andare in giro in automobile. La patente gli venne revocata e continuò a viaggiare da Pittston a Wilkes Barre in autobus. I contatti con gli agenti di polizia erano amichevoli, tuttavia evitava di parlare dei fatti relativi alla malavita. Nel 1970, quando un giornale di Wilkes Barre pubblicò una serie di articoli sulla storia della mafia locale, La Torre rimase turbato. La sua immagine venne rappresentata come uno dei primi leader della mafia della regione. La Torre morì a Pittston nel luglio del 1984, aveva 98 anni.

 

   L’ULTIMO UOMO DI MONTEDORO

Russell Bufalino morì il 25 febbraio del 1994 nell’ospedale di Kingston Pa. Aveva 90 anni. Bufalino lasciava la mafia di Nord Est Pennsylvania nelle mani di Edoardo Sciandra. Di circa 10 anni più giovane di Bufalino, Sciandra probabilmente era un boss attivo durante la sua detenzione, negli anni 70 e 80. Tuttavia, nel 1988, la commissione anticrimine della Pennsylvania faceva notare che William "Billy" D’Elia di Hughestown, un tempo autista di Bufalino, era un suo fidato confidente e lo rappresentava nelle riunioni con altri membri dell’organizzazione.

Nel 1990 la commissione stabilì che D’Elia era un membro importante della famiglia criminale e che aveva frequenti contatti con i membri delle altre famiglie mafiose. Sembrava che D’Elia venisse preparato per scalare i vertici della famiglia criminale, formalmente tenuta dagli uomini di Montedoro. D’Elia divenne il capo, all’incirca nel 2001.

L’ultimo uomo di Montedoro a comandare la mafia della regione fu Edoardo Sciandra ritiratosi in Florida nella città Hallandale. Vi Morì il 13 luglio del 2003.


                                                                            F  I  N  E