MONTEDORO 1850 - UN CASO EMBLEMATICO:  

                                                     Don Gaspare Rizzo
(A cura di Calogero Messana)

Appaltatore di miniere, Vicario Curato , Consigliere Comunale .. e concubino.Un personaggio che ho più volte incontrato tra le carte delle vicende minerarie di Montedoro è il Sac. Gaspare Rizzo.

Dalle notizie fornite da Petix risulta nato a Racalmuto ma figlio di Calogera Caico di Montedoro e cugino di Cesare Caico.
Dopo la restaurazione borbonica, seguita alle vicende del 1848, restò libero il posto di Vicario Curato del paese poiché il Sac. D. Giovanni Petix aveva aderito alla rivoluzione e ne fu una delle vittime. L’incarico, di nomina comunale, venne assegnato quindi a D. Gaspare Rizzo.

Il primo documento, del Febbraio 1853, di suo pugno risulta inviato a Pietro Tucci , Ispettore Scientifico per la estrazione degli zolfi etc, in cui esordisce " Con ragione Ell’assordato dalle voci di quei miseri abitatori delle case presso la miniera Comunale, poiché il Sindaco Morreale e quell’impostore di Guarino medico comunale che non potendo sfogare i loro lievori hanno persuaso quei miseri che , se non è oggi sarà domani sprofonderanno negli abissi di una miniera cadente. ( omissi –vedi doc. integrale Rizzo-Tucci).

Qualche anno prima(1850) , assieme ad altri soci, aveva preso il sub-appalto della miniera Comunello (sotto il cozzo della chiesa) dopo circa 16 anni di abbandono. Iniziati i lavori ricominciarono i problemi per i fabbricati posti nelle vicinanze e sovrastanti la miniera stessa. Come si legge dalla lettera accusa gli esponenti del partito avverso di calunnia nei confronti dei gestori della miniera. L’avventura come appaltatore durò poco poiché le case crollavano davvero e non si trattava di imposture.

Nel mese di Agosto un gruppo di proprietari di fabbricati danneggiati scrivono all’Intendente per denunziare il comportamento del "Vicario Rizzo gabelloto della zolfara Comunale per non avere voluto pagare il locro delle case locate agli esponenti da Maggio a questa parte vengono espulsi dalle case locate e quindi rimangono in mezzo alla strada" …(lettera del 7 Agosto 1853).

L’intervento del Luogotente Generale di Sicilia , Principe di Satriano, blocca le attività di scavo " di quei tristi che hanno malmenato gli interessi comunali. Essi poi malgrado il divieto lor fatto non hanno lasciato di scavare nelle terre sottostanti al caseggiato, in modo che pei danni arrecati nelle case può esserne compromessa la vita degli abitanti…….e mi sono determinato a disporre ch’ella proceda in via civile e criminale, chiedendo con la prima lo scioglimento del contratto ed il ristoro dei danni ed interessi pei guasti commessi dai gabellieri con la pessima conduzione degli scavi…..nella via criminale poi farà ammannire tutti gli elementi che valgono a provare le frodi commesse nella licitazione del 1850 e le usurpazioni dei fittajuoli al di la del terreno nel quale avrebbero dovuto limitarsi…etc (lettera all’Intendente del 12 Agosto 1853).

Quest’ avventura finì male.

Il Rev.  Rizzo venne inviato al soggiorno obbligato a Caltanissetta. Scrive da questa città al Luogotenente Generale di Sicilia affinché venga rimandato a Montedoro o in caso negativo che venga inviato in carcere in cui almeno avrebbe avuto un pezzo di pane!

A Sua Eccellenza Luogotenente Gen. In Sicilia Palermo

5 Agosto 1853

Il Sacerdote D. Gaspare Rizzo Vicario in Montedoro, pieno del più profondo rispetto espone all’E.V. che dall’Intendente di Caltanissetta è stato chiamato a residenza forzata in quel Capo provincia e sottoposto alla sorveglianza di Polizia. Causa di questo severo provvedimento vi è una questione d’interesse per affitto di zolfatara vertente tra lui e la Comune di Montedoro; questione tutta civile, e dei Magistrati esclusiva competenza.

Dopo 11 anni di Parrocato, dopo avere a proprie spese fornita la chiesa degli arredi sacri che la decorano; dopo aver serbata nelle passate vicende intemerata condotta, e mostrato il maggiore attaccamento al Real Trono (!) , non sa il ricorrente trovar modo a comprendere i rigori immeritati che lo colpiscono. Epperò prega quindi l’E.V. perché con quella eminente giustizia voglia emettere gli opportuni ordini onde sia egli restituito alla sua famiglia, ed alla cura di cui trovasi investito; rinviandosi ai Tribunali Civili la contesa per lo affitto della Zolfara.

Egli non dubbita di questo tratto di sua benignità. Che se poi la sventura, che lo colpisce, dovrà portare la continuazione del Domicilio forzoso impostogli, allora l’infelice supplicante nella assoluta impotenza a vivere, cui trovasi ridotto, desidera che il confino gli fosse cambiato col Carcere, onde così, al pari del più tristo malfattore ottenere un pezzo di pane per alimentarsi, e sottrarsi agli orrori dell’indigenza.

Grazia che spera.

Cosa era successo per tale provvedimento ?

Dalle indagini sulla gestione della Miniera Comunale si era scoperto un grosso imbroglio che oggi sarebbe definito peculato.
Il gabelloto ufficiale figurava Don Ludovico Morreale che aveva convenuto col Comune lo estaglio del 10% sullo zolfo prodotto; in realtà con più contratti di sub-gabella, alcuni degli amministratori Comunali, avevano stimato e concordato un estaglio reale del 25% , la differenza del 15% restante sarebbe stata divisa tra Ludovico Morreale, Salvatore Scalia, Cesare Caico, il Sacerdote Guarino ed il Sacerdote Rizzo.

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Qualche anno dopo lo ritroviamo nella qualità di Vicario Curato a difendere, stavolta, gli interessi della Chiesa e dei fabbricati vicino alla miniera !

Montedoro 3 Novembre 1861      al sig Prefetto

" Il Curato di Montedoro vedendo in pericolo la unica chiesa e la vita di molti abitanti le umilia il seguente rapporto.
Ella ben sa che un certo D. Alessandro Piazza ereditò un tumulo di terra che confina col caseggiato di Montedoro dalla parte sud-est. Costui ha permesso estirpare zolfo non solo nella sua proprietà la quale per essere una sparuta quantità bisognò terminare anni orsono. Or costui non ha curato usurpare zolfi, travisare nel comune, minare sotto le case ed inoltrasi sino alla chiesa.
…….stante esser stato provato a luce di giorno e fatto evidente a tutto il mondo non poteva essa restare aperta per qualunque motivo ne operarsi il menomo scavo e lavoro di mina senza infallibilmente risentirne danno immenso ed irreparabile la proprietà e la vita degli abitanti tutti, ed essere estrema ruina della chiesa di Montedoro a causa della vicinissima situazione di quella miniera all’abitato a cui sta ermeticamente attaccata, e pel fatto incontrastabile dei danni e crolli tanto passati che presenti che sono vedutesi sempre in modo costante come , da causa necessario effetto tener dietro, immediatamente al riaprirsi a ripresa dei lavori minatori, ed usurpatovi di zolfo comunale prodotti unicamente da quella ladra, ed usurpatrice zolfara di Piazza……

La miniera a cui fa riferimento il Curato Rizzo era situata oltre l’attuale via De Gasperi (case di Buccoleri) e quindi più distante dalla chiesa rispetto a quella Comunale che sorgeva dal lato di Orazio Salvo.

Le accuse violente contro Piazza portarono alla chiusura della miniera, ma a seguito di perizie nei sotterranei si verificò che le accuse erano false, assieme alle prove di una precedente perizia, il tutto organizzato dal Curato Rizzo e dal sindaco Cesare Caico, suo cugino.

In realtà tutta l’area era devastata nel sottosuolo a causa degli scavi fatti in precedenza nella zolfara comunale di cui il Rizzo era stato gabelloto!

Il 19 Maggio del 1862 don Alessandro Piazza, che fesso non era, presentava il conto ( Onze 174.4.4) al Sindaco di Montedoro, Cesare Caico, per tutte le spese di perizie e giudizi che aveva affrontato per dimostrare la correttezza del proprio operato.

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Dal libro di Petix si legge che all’avvicinarsi della prima domenica di Giugno del 1862 , festa dello statuto, si era sparsa lo voce di un colpo di mano per sequestrare i giovani per arruolarli forzatamente. Si diceva che 50 soldati erano nascosti, parte in casa del Sindaco e parte in casa del Parroco Rizzo.

Durante i festeggiamenti si verificarono delle turbative da parte della fazione borbonica ed alcuni arresti da parte della Guardia Nazionale. Su indicazione di Rizzo venne arrestato Domenico Alfano che aveva disturbato in chiesa e costretto a sospendere la funzione religiosa.

Visto il clima che regnava nel paese, con le opposte fazioni in guerra permanente, il Nostro doveva aspettarsi delle reazioni dal partito avverso.

Nel mese di Luglio una specifica denunzia contro il Parroco Rizzo venne rimessa al Vescovo Guttadauro. Il Rizzo da tanto tempo viveva in aperto concubinagio con due sorelle nubili, comportandosi in maniera scandalosa. Nei primi di Agosto il Vescovo chiamò il Rizzo, al quale fece una tremenda ramanzina, quindi, non ottenendo alcun risultato, lo privò della confessione e lo interdisse a divinis , e successivamente lo destituì dall’incarico di Vicario Curato.

Venne allora reintegrato il Sac. Calamera, inviso al partito dei Caico poiché ritenuto ed incarcerato per essere filo borbonico.

Da tempi remoti la nomina del Curato era su proposta del capo del paese (Barone o Sindaco) ma approvata a suffragio popolare. Il Sindaco, nonostante vari tentativi, non riuscì a fare reintegrare il cugino Rizzo inviso alla maggioranza dei Montedoresi.

Rimasto "disoccupato" venne assunto come commesso al Municipio ed esperto di zolfare ne fece l’esercente (riporta Petix), come in passato, e si diede apertamente alla politica appoggiato dal cugino Cesare. Lo ritroviamo consigliere Comunale per diversi anni e facente funzioni di Sindaco nel documento seguente, molto interessante per le vicende di quel periodo, indirizzato a Sua Eccellenza il Sig. Ministro di Agricoltura Industria e Commercio. 


Roma

" Il Comune di Montedoro in provincia di Caltanissetta è fabbricato sopra una ridente collina; tale simpatico nome gli provenne dai fiori color croco dorato messi da una pianticella selvatica che adornano i circostanti monti in primavera.

Più tardi tale nome fu appieno giustificato dal rinvenimento dei ricchi minerali di zolfo che i suoi campi in gran copia racchiudono, e tale da farlo ritenere e giudicare come il centro di gravitazione della zona solfifera siciliana.

Sebbene non conta che 3389 abitanti, giusta il censimento 1881, pure è conosciuto abbastanza come uno dei più belli modelli di civiltà e di patriottismo, poiché mai sempre si è cooperato e si coopera a tutta possa per far prosperare le sue condizioni morali, materiali ed economiche, ed ove la virtù patria e civile non sono punto espressioni vuote di senso.

E’ a questo Comune che da una mano di fazioni capitanata dalla famiglia Guarino, reale nemica d’ogni benessere del paese, venne come tuttodì viene fatta una bassa guerra per arrestare il regolare andamento della sua amministrazione, e del suo sviluppo morale, e volgere a male ogni più giusta opera.

Ed in vero, si è sin dal 1860, epoca che la bandiera della libertà eclissò i Guarino, che essi hanno per riprovevole sete insaziabile di dominio agognato con ogni triste mezzo di entrare e regger le sorti di questo Comune, ma che però per invariato suffragio degli elettori sono stati sempre ripulsati per i loro precedenti borbonici (!), clericali (!) ed inqualificabile condotta verso tutti e specialmente col popolo.

Non avendo avuto la fortuna, come si è detto, di poter almeno nominalmente anco far parte dal concorrere al governo del Comune non hanno cessato or per un motivo, or per un altro adoperando tutte le industrie, insidie e peggio per attentare alla onorabilità degli eletti amministratori, alla vita materiale del Comune, ed al suo morale e civile essere.

Ed infatti, sebbene esperti simulatori e dissimulatori a seconda del proprio interesse, non si è trovato però mai in essi alcuna coerenza sotto qualsiasi rapporto, e veruna immutabilità di fede e di principi.

Volga il vero quanto in appresso: omissis ( si fa una disquisizione sui reclami avverso i danni provocati dalle miniere Comunali)

…..Non si sa proprio ancora comprendere come per tre case, o meglio catapecchie, oltre quella dei Guarino, possa seriamente pensarsi a minacciare la sospensione delle zolfare che per questo Comune sono la sua esistenza economica, dovendo far fronte a soddisfare gl’impegni del mutuo di Lire 165.000 contratti col Banchiere Compagnoni, onde provvedere alla conduttura dell’acqua potabile entro questo abitato, la di cui popolazione ne soffre la estrema penuria essendone assolutamente deficiente.

Il paese si sobbarcò a questo sacrificio non scoraggiandosi della vigente spesa che deve sostenere, perché esclusivamente conta sulla lavorazione delle zolfare per ricavarne come Ente quel prodotto che nasce dall’incremento commerciale, dal consumo che fanno gli operai, e pella facilitazione che col lavoro essi hanno di pagare le imposte, e maggiormente ancora per la vendita del minerale che si estrae dalle zolfare di sua proprietà.

Il Comune colla sospensione dei lavori, vede distrutta la sua fonte principale che dà pane alla generalità degli abitanti, perché viene minacciata la posizione finanziaria di varie famiglie che ripongono la loro ricchezza nelle zolfare, ed infine perché non si sa come provvedere agli operai mancanti di lavoro, i quali, per deficienza di pane, malgrado i miti costumi che li distinguono dai zolfatai degli altri paesi, possono essere spinti a tristi e deplorevoli conseguenze.

Egli è per questo che il Sindaco sottoscritto reclama acciocché con sollecitudine fosse annullata il Decreto Prefettizio 10 Agosto ultimo scorso che ordina la sospensione dei lavori, in considerazione ancora che l’Amministrazione Comunale provvide con suo denaro all’alloggio delle famiglie sgomberate dalle case che si dissero minaccianti rovina, e quindi tolto l’unico ostacolo che avesse potuto interessare la incolumità delle persone, non resterebbe che se Guarino ed altri si credono lesi nelle loro ragioni rivolgersi all’Autorità Giudiziaria la sola competente a conoscere se vi sono o meno delle violazioni e dei danni che interessano i terzi, ma sino alla relativa decisione non bisogna angustiare questo Comune nella dannosa sospensione dei lavori gettando sul lastrico la generalità dei suoi abitanti.

Tanto spera.

Montedoro 15 Settembre 1883

Devotissimo     Il Sindaco ff Gaspare Rizzo

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Moriva il 4 Maggio del 1896, riconciliato con la Chiesa.