LE OPUNZIE DEI CAICO (2)

Comune di Montedoro 28 Febraro 1868

( risposta del Comune firmata dal Consigliere anziano M. Pappalardo -- il Sindaco era Onofrio Caico)

Di riscontro al riverito foglio del 24 spirante, il sottoscritto pregiasi informare la S.V. Ill.ima di quanto segue; siccome risulta da pubblico patenti e notori fatti.

Morto D. Martino Caico, i di lui eredi Giovanni, Pietro,Gaetano e Franco ne divisero l’eredità .

In considerazione però di molti segni che additavano esistenza di zolfo lasciarano indivisa ed in comunione fra loro la chiusura di terre, situate nella contrada Piano di Corsa e Stazzone, della estensione di salma una circa, pari ad ettari 1.74.= e la destinarono a zolfara, dividendo la sola superficie. La fortuna non si fece lungamente attendere e di già sono molti anni che quella terra produce tesori, diffondendo il benessere sulla intera popolazione di Montedoro. Ma la lunga lavorazione, le escavazioni continue, e gli ammassi degli avanzi dello zolfo, hanno ridotta quella terra alla sterilità in modo che , nessuno dei condomini superficiali, ha pensato, non già di migliorarla, ma nemmeno di seminarla. D’altronde il fatto della comunione, che metteva a disposizione della zolfara l’intiera superficie di essa e il ben noto principio, che chi vuole il fine deve volere i mezzi,impediva che qualcuno dei soci, col fatto proprio avesse menomato lo sviluppo della zolfara sociale. Nel lungo corso della lavorazione, la sudetta zolfara sociale attigua all’altra degli eredi del fu D. Franco non ha rispettato distanze ed ha fuso in tutti i tempi, senza che alcun lamento partisse dal fu D.Franco e dagli eredi di lui. Giovandosi di tali agevolezze, i condomini della sociale, ne hanno ricambiato i padroni dell’attigua zolfara e questo reciproco consenso, ebbe armonia e durata da molti anni a questa parte. Gravi dissensi però vennero a turbare i buoni rapporti, ed allora non prevalendo più la ragione del passato ma il dispetto del presente, un reclamo fu fatto alla S.V. Ill.ma, dopo che si erano poste alcune opunzie in terra fisicamente infruttifera ed in tempo e modo non proprii. Lo scopo ne è chiaro: attraversare la speculazione solfifera, chiamandosi in appoggio la legge sulle distanze, come se la parola della legge potesse mortificare il suo spirito e farsi puntello al capriccio altrui e spingere nella miseria un popolo, che trova il suo lavoro e il suo pane nella zolfara che il Sig. Giorgio Caico vuol condannare a perire. Dimenticando inoltre ch’egli, Sig Giorgio, niun diritto si ha all’usufrutto della terra in questione; stantechè il Sig. Cesare ha dichiarato che quegli si ebbe concessa a tuttora si trattiene altra terra agricola di particolare proprietà di esso Cesare, per usufruirne in compenso della superficie in questione, consentita a lasciare incolta per la lavorazione delle vicine zolfare sociale e particolare di essi eredi D. Franco.

Oltre che questa esiziale pretesa resiste il difetto di confinazione tra le terre sociali e quelle degli eredi D.Franco Caico. Forse esisté un tempo, ma le lunghe lavorazioni e gli ammassi cumulativi la cancellarono e D. Giorgio pria di reclamare dovrebbe giustificare la proprietà della terra che gli eredi di D. Franco Caico gli contendono.

De resto, a parte di questa inattendibile molestia, a cui non poteva badarsi prima che fosse il preteso ben fatto esistito, il Sig. Cesare trovasi sin dal Dicembre in perfetta e scrupolosa osservanza delle leggi sulla fusione degli zolfi, destinata a garantire e proteggere ambo le industrie agricola e zolforaria.

Oltre poi a tali validissimi titoli opponendosi alla esiziale domanda del Sig. Giorgio, altre patenti ragioni si aggiungono, molto più interessanti, attesa la frazionata divisione di questa contrada. Talmente che potendosi far buono il capriccio d’implorare alla lettera il soccorso della legge sulle distanze, agevole riuscirebbe con pochi pali di opunzie , ammortizzare interamente l’importante industria solfifera di questo territorio, obbligando sinanco alla inazione le stesse zolfare comunali.

Dappoiché le opunzie entro le 50 canne impedirebbero la fusione anco in està. In vista di quali gravi danni e pericoli cui trovasi esposta la principale sorgente di ricchezze di questo comune, chi servire sente il dovere di manifestare in proposito al Signor Prefetto i propri apprezzamenti sulle gravi conseguenza arrecabili alla pubblica cosa.

Né giova l’opporre che i produttori di zolfi abbiano facoltà d’intendersi coi proprietari circonvicini, perché non venendo infrenato con pubbliche leggi l’illimitato sommo diritto dei circostanti, come saviamente fu disposto pel conteso diritto di acquedotto, è ben illusoria una tale abilità concessa, in vista delle esorbitanti monopolistiche pretese cui lascia arbitro e facoltà, come esempio ne soffre il fatto che forma oggetto del presente rapporto.

Or in considerazione di si patenti e dannose conseguenze e pericoli, lo scrivente porta avviso che dalla autorità amministrativa, deputata a vegliare alla protezione di tale pubblico interesse più che privato, in vista del sucennato ricorso manifestante appieno intenti si nocivi, si venga a dichiarare e prescrivere che alla evenienza di simili casi e situazione minacciante la vita di essa industria, alla cui esistenza tutto un pubblico e stato è interessato, che anco entro la distanza di 50 canne, venga facoltato e permesso l’abbruciamento, col dar obbligo al produttore dello zolfo, del legale indennizzo del recato danno, a norma e somiglianza di quanto ben praticato, per lo stesso obbietto di pubblica utilità, pel diritto di acquedotto sulle terre altrui.

Riepilogando adunque : al capriccioso reclamo del Sig. Giorgio Caico

resiste la mancanza di limite tra le sue terre e quelle degli eredi D. Franco.

Resiste l’usufrutto che il Sig. Giorgio si gode di altre terre in compenso della superficie in questione.

Resiste ancora la destinazione a zolfara perché non si coltiva né si migliora una terra destinata ad uso direttamente opposto e divenuta sterile pae tale uso, nel qual caso la distanza dai colti e dal migliorato non trova applicazione.

Resiste il lungo e reciproco consenso a tali agevolezze, che non può distruggersi di un tratto da chi per amor di vendetta invoca una legge per distruggerla nel suo spirito e farla odiare.

Resiste il reclamo di un popolo, che si trova un pane, ed infine la speculazione solfifera si vedrebbe esposta a cessare trovandosi a discrezione di qualunque vicino avesse voglia di piantare opunzie nella terra sua.

E’ doloroso che la degradazione umana non manchi mai d’invertire l’uso delle leggi, assegnate al miglior benessere sociale. Ne è meno doloroso che spesso l’oscurità di certi fatti imponga all’autorità di apprestar braccio forte onde legalizzare cose che lo spirito della legge non può non combattere. Ma ove la chiarezza dei fatti e dei loro fini non lascia alcun dubbio in chi è chiamato a giudicarne, allora l’implorare le autorità in appoggio del malfare, è il massimo insulto che la cecità umana possa fare al dritto, alle leggi, al governo.

Pel Sindaco il Cons. anziano M. Pappalardo