Il periodo Borbonico

Dal libro di Petix :
" Nel 1825 il P.pe Don Ettore Pignatelli aveva fatto domanda di aprire una zolfara in contrada Grottazze. I cittadini, temendo il danno del fumo della fusione dello Zolfo, avanzarono ricorso presso l’Intendente di Caltanissetta, motivandolo col fatto che il punto chiesto dal Pignatelli non era alla distanza dall’abitato e dai colti voluta dalla Legge.
La contrada Grottazze, infatti, dista dall’abitato meno di un mezzo miglio, mentre la legge imponeva una distanza minima di due miglia dall’abitato e mezzo miglio dalle colture arboree. L’Intendente con Officio del 28 Novembre 1825 respingeva la domanda di apertura del Pignatelli.
Nel 1832 i fratelli Caico Giovanni e Franco fecero domanda di apertura di una miniera in località Piano della Corsa-Cantacucch; il 28 Aprile dello stesso anno l’Intendente di Caltanissetta respingeva tale domanda per un ricorso avanzato dai Sign. Pietro Paruzzo, Antonino Morreale e Pietro Calamera, in cui si faceva rilevare la troppa vicinanza all’abitato.
Era chiaro che nessuno poteva ottenere il permesso di apertura, stante che la zona indiziata era entro il raggio di due miglia dall’abitato."

Le vicende delle miniere di Montedoro, per oltre un secolo, sono un continuo guerreggiare tra chi era fautore dell’apertura di nuove solfare e chi per opposta fazione le osteggiava: caso unico in Sicilia, l’abitato di Montedoro sorge proprio su un bacino minerario di zolfo.

Proprio per la vicenda citata da Petix allego un documento in cui i fratelli Caico (Pietro e Franco nel testo) scrivono all’Altezza Reale (Luogotenete Generale in Palermo) facendo presente che furono gli unici ad opporsi all’apertura chiesta dal Pigantelli ...e dal testo se ne comprende il motivo !

(Trascrizione dei tre documenti allegati a fianco)

"Altezza Reale

D. Pietro e D. Franco Caico fratelli e Giuseppe Montagna di Pasquale della Comune di Montedoro, Distretto e Valle di Caltanissetta con profondo ossequio espongono:

Che essendosi chiesto dal P.pe D.Ettore Pignatelli Aragona dei Duchi di Terranova il permesso di aprire una nuova zolfara nella contrada delle Grottazze distante meno di due terzi di miglio dalla Comune suddetta, Vostra Altezza Reale, dopo avere inteso (X) un parziale rapporto dell’Intendente di Caltanissetta, si degnò consultarne pure il supremo Magistrato di salute onde deliberarsi nella pienezza della sua giustizia ad accordare o rifiutare il permesso suddetto dopo avere posatamente riconosciuto se poteva la salute di quegli infelici abitanti essere molestata dal fumo che sarebbe esalato da quella zolfara secondo il barbaro costume di quest’isola di bruciare il minerale all’aria libera.

Ad eccezione dei supplicanti nessun altro si presentò al Magistrato suddetto per fa conoscere gli inconvenienti temuti dall’enunciata apertura, perchè in quella piccola Comune tutti sono debitori per causa di censi, di prestazione di semenza e simili, e quanto alla Municipalità il Sindaco è il di lui amministratore locale, il primo eletto ha pigliato per mezzo del di lui genero ed in virtù di una pubblica contrattazione un interesse diretto nella zolfara in discorso, ed il secondo eletto è un fratel cognato del Sindaco.(i)

Ad onta di ciò il Magistrato supremo, tenuto in considerazione che la distanza era infra un miglio, e che le pretese circostanze di eccezione, come il punto differente di altezza della zolfara e dell’abitato, l’esistenza di una valle, e di alcune sorgive perenni di acqua, la prossimità di una montagna capace di garantire il locale dai venti di scirocco e mezzogiorno, non erano verificate a segno di potervi stabilire un giudizio non erroneo, ha implorato da V.A.R. gli ordini corrispondenti affinchè col mezzo di una nuova perizia più esatta, più particolarizzata si verifichi lo stato effettivo delle cose per orgomentare se il fumo di un dato numero di fornaci possa o no giungere sino all’abitato.

In verità di ciò i ricorrenti D. Caico e D. Montagna vengono ossequiosamente supplicando la giustizia di V.A.R. che sulla certezza di essere la zolfara di sopra espressa distante meno di un miglio dalla Comune, sia proibito senza ulteriore esame al P.pe Pignatelli di aprirla da chè per regola generale si richiederebbe almeno per legge sanitaria una distanza non minore di due miglia, ed in ogni modo se V.A.R. crederà doversi tenere conto delle supposte eccezioni di località sieno queste esaminate e descritte scrupolosissimamente per non esporre i poveri abitanti di Montedoro a quella rilevante serie di malattie che produce la respirazione di un aria viziata dal gas-acido-solforoso."

Nota( i): il secondo eletto era mastro Calogero Messana cognato di Don Antonino Morreale Sindaco e Amministratore del Pignatelli