'Za VITA SCIANDRA      -     l'Artista dell'uncinetto

                                                                              a cura delle figlie  Graziella e Maria Bufalino 

 IL 14 OTTOBRE DEL 1998 CONSEGNO' A PAPA GIOVANNI PAOLO II UNA STOLA CREATA DA LEI STESSA

                      

 

 

 


         
"Za" (zia) Vita è tornata in ciclo

                                    Ricordando SciandraVitaVed. Bufalino

Cresciuta e educata cristianamente, diventò capace di testimoniare sempre quelle virtù evangeliche che tanto servirono a plasmare e a formare la sua persona che l'accompagnarono per tutta la vita. Apprese così l'importanza della virtù dell'umiltà che l'aiutò a vivere in modo gioioso per quello che era e che aveva; della virtù della sincerità e verità che la resero persona credibile in cui avere e porre fiducia; della virtù della dolcezza che le permise di sorridere intensamente sempre a rutti: come dimenticare quei suoi occhi verdi così vivaci e luminosi che garantivano accoglienza e benevolenza, e le sue labbra sempre aperte al sorriso, pronte a parole di incoraggiamento e di speranza, del perdono e del condono offerti a tutti, anche a quelli che la fecero soffrire e rimasero irriconoscenti -ella diceva -"Dio sa tutto"; dell'accoglienza che la portarono ad avere sempre la porta di casa aperta per ricevere tutti e per correre in aiuto di chi si trovava nel bisogno: quante persone aiutate e sfamate!; del lavoro vissuto con solerte e amorevole dedizione, che la resero capace di esprimersi nel migliore dei modi sia al forno di panetteria, sia nei campi, sia nel negozio come esercente, sia in casa come casalinga. Ma c'è un lavoro particolare fatto con le sue "magiche" mani che la resero l'artista dell'uncinetto". Che maestosi e stupendi tendoni, che originali e leziosi copriletto, che semplici e variegati centri tavola! Essi sono stati l'ammirazione di chi ha avuto la fortuna di poterli vedere. Tanta maestria e bravura ebbero la piena realizzazione quando poté offrire personalmente al Papa. Giovanni Paolo II un prezioso stolone fatto per lui (N.d.r.: vedasi n. 17/ 1999). Quell'incontro fu, per mamma Vita, un'esperienza profonda e intensa di cui gioiva immensamente e che non dimenticherà più. A tutti mostrava con orgoglio la foto ricordo appesa alla parete della sua camera da letto che la ritraeva gioiosa e contenta con gli occhi lucidi fissi in quelli del Pontefice.

Le caratteristiche più importanti di mamma Vita sono state però la fede, l'amore a Dio, alla famiglia, al prossimo e la capacità di dialogo paziente e aperto.

Mamma Vita fu una donna di grande fede. Il "suo sì" a Dio fu sempre pronto, sereno e incondizionato. "Lui che vede ogni cosa e che è Padre provvidente - mi diceva -pensa a noi e non può abbandonarci, non ascoltarci, lasciarci soli: vero è?" E il mio assenso le infondeva serenità e le dava coraggio. Quel coraggio che la portò ad affrontare la vita dura sia a Montedoro, negli anni difficili della guerra, sia Varese, città a lei sconosciuta, dove si trasferì per vivere con le sue figlie e suo marito Liborio che amava immensamente, non badando alle precarietà e difficoltà. "Bisogna lottare e andare avanti - mi diceva - senza rimpianti".

Ma quante volte, stuzzicata, il suo volto si illuminava parlando di Montedoro, della sua chiesa che l'ha vista nascere e crescere come cristiana, delle processioni, del "calvario" visitato soprattutto nella Settimana Santa, dei canti che ricordava e che ha cantato gioiosa fino a pochi giorni dalla sua morte, della sua casa al centro del paese, dei suoi parenti, di tutte le persone che ricordava una ad una, del suo lavoro, dei suoi campi, dei ricchi raccolti, quante volte nominava la "Marchisa", ma poi, allargando le braccia, diceva: "ma ora siamo tutti qui e viviamo qui contenti".

Visse nella preghiera continua, profonda e convinta. L'Eucaristia era per lei l'anima della sua vita.

Mamma Vita è stata una donna dall'amore grande e profondo a Dio. A Lui, alla Madonna, a San Giuseppe affidò ogni momento della sua esistenza come persona; affidò lei e Liborio come coppia, affidò i loro primi passi di sposi perché desideravano essere aiutati a vivere nella responsabilità, nell' amore reciproco, nella dedizione incondizionata alla famiglia; affidò e consacrò le figlie, la loro vocazione qualsiasi fosse, i loro passi, le loro aspirazioni, i loro progetti perché tutti si realizzassero secondo il volere di Dio, i loro errori e sbagli perché fossero accolti e perdonati dalla sua bontà di Padre misericordioso.

Mamma Vita è stata donna dal cuore radicato e spalancato all'amore. Quanta premura e quanta dolcezza verso il suo Liborio, che definiva "grande uomo" e verso le sue figlie, premura che la portarono a seguirli dovunque esse si trovassero: "debbo essere vicino a loro -diceva -casomai abbiano bisogno del mio aiuto, del mio conforto, del mio incoraggiamento e anche del mio rimprovero". Bastavano i suoi occhi, nella loro intensità, a far capire alle figlie se una cosa era buona o no, andava fatta o meno.

La sua arma migliore, come educatrice, fu il dialogo aperto, chiaro, esigente, ma paziente e capace di sdrammatizzare. Si interessava a tutto e desiderava conoscere e sapere per poter dire la sua parola autorevole. Non impose mai la sua volontà, ma sapeva usare modi accattivanti da essere ascoltata, seguita, corrisposta e amata. Vissero lei, il marito e le figlie, sereni, contenti, sempre attenti a tutti e pronti ad ascoltare chiunque, per riuscire a rispondere in modo appropriato e giusto.

Il suo fu un amore e un dialogo che seppe e volle vivere con tutti. Quanta benevola tenerezza verso le più diverse espressioni di vita del creato per cui godeva e gioiva; verso le persone che rimanevano contagiate, tanto da desiderare spesso di poterla incontrare; verso i bambini: c'era tra lei e loro come un feeling, era il feeling dell'innocenza, della spontaneità, della fiducia, dell'abbandono, dello stupore, dell'accoglienza, della semplicità, della gioia.

Mamma Vita ha amato tanto i sacerdoti e le persone consacrate. Per loro pregava ogni giorno, non cadeva mai nella tentazione delle facili critiche, al contrario, cercava di amarle, di capirle e di perdonarle.

E che dire del suo rapporto con me. Era orgogliosa della conoscenza e del fatto che fossi giunto in casa sua: "un frate, un sacerdote quanta grazia del Signore. La benedizione del Signore è sopra la nostra famiglia!". Mi considerava suo figlio e per me ebbe tante delicatezze e attenzioni. Come potrò dimenticare il suo premuroso attendermi, spiando dalla finestra, il luccichio dei suoi occhi che si facevano ancora più grandi e luminosi nel vedermi entrare in casa, il suo sorriso, quello di una madre che finalmente poteva rivedere la persona cara, le sue braccia spalancate per un abbraccio caldo e affettuoso che mi donava serenità, voglia di vivere in pienezza la mia vocazione, che mi rilassava e tonificava; il suo affrettare il passo, perché non mi mancasse nulla e avessi tutto ciò di cui potessi aver bisogno. Ricordo con simpatia le parole che diceva ogni volta alle figlie : "Prima pensiamo a lui, poi a noi"; il suo sedersi accanto a me per ascoltare estatica e interessata tutto quello che raccontavo; il suo accompagnarmi sconsolata alla porta, quando dovevo partire, chiedendomi ogni volta la"Santa Benedizione" per sé e per le figlie e donandomi la sua: "Ti benedica il Signore e ti accompagnino la Madonna e San Giuseppe".

A proposito di San Giuseppe gli era molto devota. Sul letto di morte spesso chiedeva alle figlie e a me: "Dov'è San Giuseppe? L 'ho amato e l'ho pregato tanto, non può lasciarmi sola adesso!".

Mi attese con impazienza quel venerdi 30 agosto prima di morire, perché mi voleva abbracciare e affidarmi le sue figlie: "perché non si sentano mai sole", mi disse, e stringendomi forte la mano chiese la "Santa Benedizione", e, ripetuto quella giaculatoria, a noi tanto cara,: "Gesù, Giuseppe e Maria, spiri in pace con voi l'anima mia" si sentì rassicurata e si assopì per la stanchezza e per le medicine.

Il giorno dopo Gesù si accostò al suo capezzale e con dolcezza le sussurrò: "Passiamo all'altra riva" (Lc 8,22). Erano circa le cinque di mattino e mamma Vita andò, accompagnata dal suo Signore, a riabbracciare il caro Liborio compagno della sua lunga esistenza e sposo fedele che la provvidenza le aveva donato, e andò a ricevere quel premio che il Signore promette a tutti i suoi servi fedeli e per incoronarla, quale regina, come ha fatto con la sua mamma Maria Santissima.

Mamma Vita, noi vogliamo vivere come tu ci hai insegnato e il nostro progetto di vita cristiana sono le virtù evangeliche che tu hai incarnato e testimoniato a tutti.

Arrivederci, Mamma Vita! Ciao!

Quella stella luminosa donata da Dio perché splendesse per le famiglie Sciandra e Bufalino e per i cittadini di Montedoro e vicinanze, prima, e per i cittadini di Varese poi, in quel lontano 7 aprile 1906, è tornata più luminosa di prima a splendere su nel ciclo il 31 agosto 2002, quale dono di tutti noi a Dio con la preghiera che ora trasformi mamma Vita, in mediazione di grazia, di protezione, e ci prepari un posto accanto a lei su nel paradiso.

P. FidenzioVolpi, ofncap