L’AQUILONE

ricordando Tanino

Avevo scritto questa composizione alcuni anni fa. Come mie altre era nata dai ricordi della mia infanzia e fanciullezza a Montedoro. Un mio prozio (Gaetano, fratello di Francesco –Lu zzi Tanu e lu zzi Ciccu Alfano) aveva costruito con carta di giornale e stecche di canna un aquilone, riposto con cura in un armadio, che un paio di volte all’anno consentiva a me e Tanino (Salvatore, l’altro mio fratello non era ancora nato o era troppo piccolo per unirsi a noi), assieme ai miei cugini Piera, Alessandro e Lillina, di "liberarlo" dal cassetto e farlo volare nella zona delle "serre" di Montedoro.

 

Raminghi sorgono i miei pensieri,
poi se ne vanno in alto fluttuando
come gabbiani, che già prigionieri,
scappano lievi, in ciel volteggiando.

Nessuno sa dove andranno a finire,
e come trottole girano in tondo.
Da dove nascano vallo a capire:
la nostra mente è un pozzo profondo!

Ci si ritrova, in certi momenti,
a ripensare ai nostri verdi anni,
quando ancor giovani ed impazienti
s’era con l’animo scevro d’affanni.

Nei pomeriggi, alla bella stagione,
quando la vampa del sole scemava,
liberavamo un giallo aquilone,
che un armadio, geloso, celava.

Quell’aquilone, nel ciel ondulante,
alle mie mani il filo rubava.
Nuvole, vento, una luce accecante,
l’accompagnavano mentre volava.

A far da sfondo l’immenso celeste:
grande spettacolo per chi l’ammirava!
E con manovre precise e leste
ero il bambino che lo manovrava.

Avrei voluto che s’alzasse tanto.
Gli davo filo… Ma se si spezzava?
Con lui sarebbe fuggito un incanto:
il sol pensiero mi terrorizzava ...

(Come una mamma che guarda felice
il suo bambino che sa gattonare!
ma già lo pensa che fa le valige
perché il suo mondo vorrà esplorare …).

Poi s’allungavano le ombre scure,
il pipistrello cacciava le prede,
e nei bambini nascevan paure:
"presto a casa che ancor ci si vede!"

Il sole, stanco, iniziava a calare,
e l’orizzonte sembrava infuocato,
or l’aquilone poteva tornare
nel suo armadio... ed era appagato.

 

E in questi giorni, che per me sono tristi giorni, ho ripensato a quell’aquilone. 
Le persone, specialmente quelle per noi speciali, sono come quell’aquilone che sfugge dalle mani del bambino che a forza lo trattiene a terra e vola in alto, alla ricerca di cieli più ampi. L’aquilone volteggia ancora, perché da qualche parte c’è ancora. Noi non possiamo più vederlo perché la nostra vista è limitata. Ma certamente, se vi eravamo affezionati, lo ricordiamo e lo ricorderemo sempre. Come sempre ricorderò Tanino, un affezionato fratello e per me, e non solo per me, una grande persona

Nicolò Falci