FEDERICO MESSANA       poesie, racconti ed altro......     
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Tentativo di conversione di don Federico…

 

Caltanissetta 1 marzo 1917

Stimatissimo Sig. D. Federico, dolentissimo di non averla potuto salutare nella mia partenza da Montedoro, mi permetto indirizzarle la presente per dimostrarle il sincero augurio di subita guarigione e florida salute.

Tale augurio parte spontaneo dall'animo mio, perché dal giorno in cui ebbi l'onore di farle visita, ho sentito per Lei una stima e un affetto particolare, avendo allora constatato che il suo cuore soffre assai e ch'è lontano da quella felicità cui naturalmente aspira, sia per la penosa e lunga malattia, sia ancora perché privo di quei conforti santi ed efficaci che seguono dalla religione cristiana.

Provai davvero una forte stretta al cuore, quel giorno, nel sentirmi dire da Lei che non prega il Signore e che non viole riallacciare l'amicizia con Dio. Oh! Se sapesse quanta felicità gusta l'uomo ch'è in pace con Dio!

Anche in mezzo ai dolori più acuti, alle angustie più dure, alla miseria più squallida, alle malattie più dolorose e disperate l'uomo ch'è in pace con Dio è felice ed ogni sua lacrima si trasforma in preziosissima gemma di immarcescibile corona. Anche a Lei verrà concessa pace di cuore e questa felicità, se piegherà docilmente l'orecchio alla voce di Dio che l'ama assai, assai; se a Lui eleverà il pensiero e il cuore con la preghiera, se vorrà purificare la sua coscienza di ogni macchia, sottoponendo la sua volontà a quanto Le verrà consigliato dai ministri del Signore.

Vorrà darmi. Sig. D. Federico, l'ambita consolazione di vederlo ritornato al Signore, stimato da tutti i buoni, felice, ben preparato al gran passo dell'eternità e poi beato per sempre in paradiso.

Deh! In nome della mamma sua che dal cielo Le sorride, in nome di quel Gesù che sparse sulla Croce il preziosissimo Suo sangue anche per Lei, in nome di quel Dio che lo giudicherà del bene e del male operato, si abbandoni ai dolci amplessi della religione cristiana e sposi santamente la sua donna.

Le ho voluto scrivere tali cose spinto dal desiderio di vederlo felice e lo sarà certamente se saprà ritrovare Dio nella vera religione.

Pregandola di accettare l'immaginetta che qui Le accludo e d'imprimerle un forte bacio; assicurandola della sincera stima e del mio riverente affetto; chiedendole umile scusa se l'ho tediato, La stringo fraternamente al mio cuore di amico e mi dichiaro della S.S. umilissimo servo

 

Dal Seminario di Caltanissetta

Sacerdote Giovanni Rizzo

 

E la risposta di Don Federico

Montedoro 10 marzo 1917

Egregio Sacerdote Rizzo,

riscontro con ritardo la pregiata sua del 1° corrente marzo a causa dello stato della mia salute che ha risentito alquanto la rigidezza della stagione.

La ringrazio prima d'ogni altro dei sentimenti lusinghieri a mio riguardo manifestatimi nella sopra citata lettera e non dubito che essi siano anche l'espressione del suo animo, convinto di una missione.

Comprendo abbastanza come Ella, spinto da ardore ed entusiasmo giovanile nel suo nuovo stato, abbia creduto di dirmi tutto quello che mi ha detto, ma io ho la ferma convinzione, che quando Ella, col tempo, avrà raggiunto una certa maturità di concezione ed esperienza, potrà modificare in qualche modo, quella esclusività di vedute che attualmente possono essere di ostacolo ad un giusto e conveniente apprezzamento delle cose.

Frattanto posso assicurarle che anch'io ho sentimenti cristiani, e non è vero che io non sia in pace con Dio, perché non seguo tutte le manifestazioni rituali.

Se è vero che Dio conosce esattamente i sentimenti dei nostri cuori, non può ritenermi a Lui contrario, giacché io ho la coscienza di avere agito sempre rettamente e cristianamente, e sarebbe un far torto alla verità palese a tutti lo affermare il contrario.

Le mie convinzioni quindi immutabili, ispirate a quanto vi ha di più elevato, di più giusto, di più vero, se non possono essere riconosciute dagli uomini, lo sono, certo, da Dio, e ciò basta alla mia coscienza.

Ella comprenderà come nelle condizioni di salute in cui sono, non posso gravare la mia mente di un intenso lavoro ed è perciò che bisogna che qui mi fermi, sicuro che Ella, dopo quanto le ho cennato, vorrà rendersi più esatto conto d'ogni cosa e riconoscere la giustezza dei miei sentimenti e la rettitudine delle mie azioni.

Voglia gradire intanto i miei più distinti ossequi.

Devotissimo F.C. (Federico Caico)